Cartabia, il grido dei procuratori: “Non possiamo fare da ufficio stampa”
In due corsi del sindacato a Palermo e a Trapani le dure critiche dei magistrati chiamati a svolgere un ruolo improprio: decidere cosa è notizia da diffondere. Il bilancio è negativo: una sola conferenza stampa, comunicati inadeguati.
Una giornata dedicata a uno dei problemi che affliggono negli ultimi tempi i giornalisti e in particolare i cronisti che si occupano di nera e giudiziaria: l'applicazione della cosiddetta legge Cartabia in materia di rapporti tra organi inquirenti e la stampa, e che recepisce una direttiva europea del 2006 per altro in maniera molto più rigida rispetto alle indicazioni dell’Europa.
Due diversi appuntamenti organizzati dalla Federazione nazionale della stampa per far fronte alle tante richieste da parte dei colleghi per avere un confronto diretto con i magistrati, e in particolare con i procuratori capo indicati dalle norme ad essere l'unico responsabile dei contatti con i giornalisti.
A Palermo un'iniziativa è stata organizzata dall'Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai, aderente alla Federazione nazionale della stampa e si è svolta nell'aula magna del tribunale di Palermo. Aperto dai saluti del presidente della Corte d'appello Matteo Frasca, della procuratrice generale Lia Sava e dal segretario nazionale di Usigrai Vittorio Maqueda. Il confronto è stato moderato da Vincenzo Frenda, giornalista del Tg2, che ha coordinato gli interventi del procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, di Piergiorgio Morosini presidente del tribunale, dell'avvocata del foro di Palermo Antonella Re e di Roberto Leone, vicesegretario regionale dell'Assostampa e per anni cronista di giudiziaria e di nera a La Repubblica e al quotidiano L’Ora.
In tutti gli interventi i magistrati hanno sottolineato la difficoltà di applicazione della direttiva che crea un imbuto nelle funzioni del procuratore capo. In particolare, Frasca ha insistito sul fatto che in reali problemi della magistratura sono in primo luogo i tempi dei processi e che in questi anni non si è intervenuti a cominciare dalla quantità della qualità delle risorse impiegate. Poi, proprio De Lucia ha ammesso le sue difficoltà nel gestire il rapporto da ufficio stampa dell'intero apparato giudiziario. È vero che nel caso più clamoroso negli ultimi mesi, la cattura di Matteo Messina Denaro, a poche ore dall'arresto del boss la procura era stata in grado di organizzare una conferenza stampa appena poche ore dopo il blitz che aveva portato in manette il boss, ma questo è stato l’unico caso.
Sui limiti e sulla possibilità di raccontare quello che avviene il dibattito è stato a tratti anche aspro soprattutto tra avvocati e giornalisti. I primi hanno sostenuto la tesi della riservatezza anche sulla divulgazione dei nomi degli arresti, oltre che della diffusione di nomi e immagini. Netta la posizione del sindacato: “Se qualcuno viene privato della libertà personale, è sacrosanta la pubblicazione del nome anche a tutela dello stesso arrestato – ha sostenuto Roberto Leone – quanto alle immagini è auspicabile un maggiore cautela ma non possiamo accettare che tutto passi ormai dalle cosiddette veline 2.0 confezione dagli organi di polizia. L’unico limite del giornalista oltrenaturalmente al fatto he la notizia sua vera è che non si metta a rischio la prosecuzione delle indagini”.
Tutti d’accordo, infine, che esistono già regole precise sia sul piano deontologico che su quello penale per vitare eventuali abusi.
Stesso confronto a Trapani nella nuova sede di Assostampa. A introdurre i lavori il segretario provinciale Vito Orlando che ha ricordato la lunga serie di doveri deontologici a cui deve sottostare il giornalista. Quindi il vicesegretario Max Firreri ha moderato il dibattito tra il procuratore di Marsala, Ferdinando Asaro, l’avvocato Stefano Pellegrino, e il vicesegretario regionale di Assostampa Roberto Leone.
Qui il confronto è stato ancora più ampio perché hanno partecipato gli oltre trenta colleghi che hanno seguito il corso e che alla fine degli interventi hanno rivolto una serie di domande ai relatori. In particolare, coinvolto il procuratore di Marsala Asaro che ha ammesso il suo disagio e le sue difficoltà nel gestire il flusso di informazione ed ha auspicato una maggiore collaborazione con i cornisti. Nel mirino in particolare il primo e unico comunicato diffuso dalla procura di Marsala sul femminicidio di Pantelleria a tre giorni dall’accaduto e senza i nomi dei protagonisti della vicenda. “Allora ho toppato”, ha ammesso il procuratore che ha però ricordato come ci sia stata la sua massima disponibilità sull’altra vicenda, un altro femminicidio quello di Salemi in cui non si è sottratto alla continua ricerca da parte dei cronisti.
Alla fine della giornata il bilancio sull’applicazione della Cartabia è totalmente negativo: magistrati che già oberati di lavoro non sono in grado di svolgere il ruolo di “rubinetto” delle notizie e cronisti sempre in difficoltà per mancanza di un contatto diretto con le fonti. L’auspicio comune è stato di proseguire un confronto per trovare soluzione che contano a ognuno di lavorare meglio e soprattuttodi farsì che i cittadini siamo realmente informati di quanto accade nella loro realtà.
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