Informazione giudiziaria, meno ostacoli ai giornalisti per contrastare la spettacolarizzazione delle notizie
Giornalisti, avvocati e magistrati assieme in un percorso comune per garantire una corretta rappresentazione delle vicende giudiziarie, nel rispetto della dignità della persona e del diritto dei cittadini di ottenere un’informazione rigorosa e completa.
E’ l’auspicio formulato nel corso del dibattito su Il processo mediatico: tra diritto all’informazione e rispetto della dignità della persona, promosso dall’Ordine nazionale dei giornalisti, nel corso del quale si è discusso della necessità di contrastare la spettacolarizzazione dell’informazione, ma anche di garantire ai giornalisti un completo accesso alle fonti, unico modo per evitare fake news e notizie imprecise. Sotto accusa in particolare il decreto presunzione d’innocenza che ha introdotto ingiustificate limitazioni alla comunicazione di notizie su procedimenti giudiziari, rendendo più difficile il lavoro dei cronisti e impedendo ai cittadini di essere compiutamente informati.
Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, è intervenuto ricordando i buoni rapporti di collaborazione con l’Ordine dei giornalisti, per precisare che è necessario tutelare “la buona informazione nell’interesse del cittadino: la buona informazione è una paziente ricerca di equilibrio tra diritti costituzionali di pari dignità: diritto alla riservatezza, presunzione d’innocenza, libertà di informazione e giusto processo”.
Il viceministro ha sostenuto che “è necessario lavorare assieme per trovare un modo di comunicare che sia rispettoso: l’informazione aggressiva non va bene”. Sisto ha annunciato che il ministero della Giustizia è al lavoro per evitare che l’informazione di garanzia diventi una condanna anticipata e che nelle intercettazioni finiscano persone estranee alle inchieste.
La professoressa Marina Castellaneta, docente di diritto internazionale a Bari, ha ricordato la normativa europea sottolineando come in tema di presunzione d’innocenza non ponga alcun limite all’informazione (limitazioni introdotte invece dal legislatore italiano con il decreto 188 del 2021) per poi ricordare l’ampia giurisprudenza Cedu a tutela della libertà d’informazione: “Quando le notizie riguardano esponenti politici o pubblici amministratori l’interesse pubblico è sempre prevalente”.
Il presidente della Camera penale di Roma, l’avvocato Gaetano Scalise, ha polemizzato sull’attenzione talvolta perversa che i media dedicano ad alcuni casi giudiziari, trasformandoli in spettacolo: “La giustizia mediatica è una distorsione della cronaca giudiziaria: sui media si celebrano processi senza regole, con condanne immediate e senza appello: nessuno vuole coartare il diritto di cronaca, ma serve una soluzione culturale; sono necessari equilibrio e la condivisione del principio di rispetto delle persone”.
“Chiudere i rubinetti dell’informazione, in particolare nel mondo digitale, non è possibile – ha concluso il coordinatore del Gruppo Giustizia Informazione dell’Ordine dei giornalisti, Gianluca Amadori – Per garantire cronache corrette i giornalisti devono avere accesso agli atti e ricevere dagli uffici giudiziari una comunicazione completa sulle indagini e i processi, compresi i nomi sulla cui divulgazione non c’è alcun divieto”.
In questo modo si potrebbe risolvere anche il problema “dell’opacità dei rapporti” che i professionisti dell’informazione, per ottenere le notizie, sono costretti ad intrattenere con le proprie fonti (magistrati, forze dell’ordine e avvocati), questione sollevata nel corso del dibattito dall’Avvocato generale presso la Corte di Cassazione, Rita Sanlorenzo.
Il giornalista Andrea Camaiora, amministratore di The Skill ed esperto di gestione e comunicazione delle crisi, ha sollecitato gli avvocati a parlare di più con la stampa per fornire la versione difensiva e garantire un’informazione giudiziaria più equilibrata, invitando i giornalisti a non aderire acriticamente alle tesi della pubblica accusa.