Inquadrato come collaboratore, ma era un dipendente a tutti gli effetti: giornalista batte Gnn in tribunale
Riconoscimento del lavoro a tempo indeterminato a partire dal 2016 e ripristino del posto di lavoro, differenze retributive e contributive, condanna dell'azienda al pagamento delle spese legali: così si è chiusa la causa intentata da Massimiliano Salvo, collega dell'edizione genovese di Repubblica. Costante: «Una storia emblematica, una sentenza che conferma che i Cococo sono lavoratori subordinati mascherati».
Riconoscimento del lavoro a tempo indeterminato a partire dal 2016 e ripristino del posto di lavoro, differenze retributive e contributive, condanna dell'azienda al pagamento delle spese legali. Si è chiusa così la causa di lavoro tra Massimiliano Salvo, giornalista dell'edizione genovese di Repubblica, e Gedi News Network.
Il giudice del lavoro di Genova ha riconosciuto che Massimiliano Salvo, assistito dall'avvocato Bruno Del Vecchio, negli anni in cui formalmente lavorava per la Repubblica con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in realtà era un dipendente a tutti gli effetti.
La storia di Massimiliano Salvo è emblematica di ciò che sta accadendo oggi nel mondo dell'informazione: finché ha accettato di essere sfruttato dall'azienda, ha potuto restare al suo posto di lavoro; nel momento in cui ha rivendicato i suoi diritti, è stato messo alla porta. Comportamento dell'azienda che il giudice ha sanzionato pesantemente prevedendo anche l'obbligo di reintegra.
«Per usare le parole del mio predecessore, Raffaele Lorusso, questa sentenza, come altre simili, conferma che i Cococo sono lavoratori subordinati mascherati. Adesso la battaglia per l'abolizione di questa figura contrattuale ibrida – dice la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante – va proseguita con maggiore determinazione ancora».
Sulla vicenda di Massimiliano Salvo, che insieme ad altri colleghi aveva costituito il coordinamento dei precari di Repubblica seguito passo passo dalla Fnsi attraverso l'impegno dell'allora segretario aggiunto Mattia Motta, si erano accesi i fari della politica e della società civile.
L'Associazione Ligure dei Giornalisti, attraverso una petizione online che fu consegnata anche all'allora ministro del Lavoro Andrea Orlando, aveva chiesto al direttore di Repubblica il riconoscimento come interlocutore del coordinamento dei precari. Il sindacato regionale si era anche mobilitato scendendo in piazza, così spingendo prima il Consiglio regionale della Liguria e poi il Consiglio comunale di Genova ad approvare due distinti ordini del giorno per sollecitare l'abolizione dei Cococo per i giornalisti.