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La cessione del diritto d'autore per i giornalisti
Circolare interpretativa dell'INPGI

Il giornalista lavoratore autonomo svolge la propria attività professionale

  1. con Partita IVA
  2. sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa
  3. come attività occasionale
  4. come partecipazione in società semplici o in associazioni tra professionisti
  5. con cessione di diritto d’autore

Non vi è dubbio che il reddito derivante al giornalista dalla cessione del diritto a riprodurre articoli o servizi è un reddito professionale di natura autonoma.

Le normative di legge (L. 633 del 1941) e codicistica (artt. 2575 e ss. del cod. civ.) in materia di diritto d’autore tendono a tutelare il carattere creativo di opere suscettibili di apprezzamento di durata, il cui valore è destinato ad aumentare con la successiva riproduzione.

L’attività giornalistica, invece - così come più volte definita dalla giurisprudenza – è prestazione di lavoro intellettuale finalizzata alla diffusione (utilizzando il mezzo scritto, verbale o visivo) di notizie raccolte ed elaborate con obiettività, anche se non disgiunte da valutazione critica (Cass. 2.2.1982, n. 625). La specificità del prodotto di tale prestazione lavorativa sta quindi - diversamente da quella tutelata dalla normativa sul diritto d’autore – nella particolare sintesi tra funzione informativa e prima diffusione della notizia nel tempo (nel senso che in tal caso il valore dell’opera o del prodotto dell’attività svolta è destinato a venire meno, nella maggior parte dei casi, con la prima ed unica diffusione).
Il Ministero del Lavoro, in una nota del 27 maggio 1999 comunicava all’INPGI che in campo giornalistico la “frequenza del ricorso alla cessione del diritto d’autore, le modalità in uso della determinazione del compenso e la natura stessa del prodotto ceduto possono indurre a rilevare l’abuso della funzione strumentale per finalità elusive degli obblighi contributivi.
In effetti, più che rilevare il carattere creativo dell’opera letteraria – destinata a durare nel tempo e, perciò, suscettibile di un apprezzamento di durata alla cui tutela presidia la legge n. 633/41- nella fattispecie in esame emerge in maniera significativa che trattasi di prodotto di attività giornalistica in senso stretto in quanto essenzialmente funzionale alla prima diffusione.”
Nell’affermare quanto sopra, lo stesso Ministero ha, quindi, riconosciuto che lo strumento della cessione del diritto d’autore è in linea teorica incompatibile con il prodotto di attività giornalistica.

Alla luce di queste considerazioni, il Ministero invitava l’Ente a determinare indicatori idonei ad identificare le ipotesi di esclusione della normativa che tutela il diritto d’autore al fine di soddisfare il generale interesse ad un corretto e deontologico espletamento dell’attività professionale, che altrimenti verrebbe pregiudicato da atteggiamenti elusivi degli obblighi inerenti alla tutela previdenziale.
Gli indicatori individuati dall’INPGI (ed approvati dai Ministeri vigilanti) per identificare i casi di esclusione della normativa di tutela del diritto d’autore, e quindi l’assoggettamento a contribuzione dei relativi compensi, sono in sintesi i seguenti:
l’opera presenta un contenuto informativo ed esaurisce la sua funzione con la prima e tempestiva diffusione. La funzione tipica della cessione del diritto d’autore si ravvisa, invece, nel diritto alla riproduzione dell’opera medesima.
il compenso corrisposto non si discosta da quello correntemente in uso;
da parte dello stesso soggetto si reitera nel tempo l’utilizzo di tale strumento. In tal caso le prestazioni assumono carattere professionale e lavorativo.
Di conseguenza, laddove l’opera esaurisca i suoi effetti nell’ambito temporale della prima e tempestiva diffusione e sia stata resa su richiesta (anche se non esplicita) di una impresa editoriale, la cessione del diritto d’autore costituisce unicamente uno strumento per il pagamento dei corrispettivi delle prestazioni rese.

 

 
   

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