| | Relazione della
segreteria provinciale
di Catania all'assemblea provinciale di Assostampa
Catania,
30 gennaio 2011 - La stampa è sottoposta da tempo a un attacco concentrico che nell'anno
appena trascorso si è esplicitato, tra i vari tentativi, da una
parte con l’intento, poi fallito, di fare passare la legge bavaglio
(contro la legge sulle intercettazioni abbiamo fatto un documento e partecipato
alle manifestazioni di Palermo e Roma. A tal proposito, va ricordato che,
in occasione della giornata del silenzio dello scorso luglio, vi è stata
una adesione massiccia, quasi plebiscitaria, allo sciopero) e dall'altra
con il progetto di fare implodere dall’interno la professione e la
categoria a opera di persone che rispondono a regole e logiche diverse
da una libera informazione. Logiche che sottendono un attacco alla stessa
democrazia.
Per quanto riguarda la carta stampata, la crisi si è fatta e purtroppo
continua a farsi sentire. In maniera pesante. Gli editori, i cui introiti
pubblicitari e dalle vendite sono sicuramente diminuiti, vogliono scaricare
sui giornalisti le conseguenze della crisi generale, ma anche di loro scelte
sbagliate e più volte denunciate dagli stessi giornalisti: dalla
Fnsi e dagli organismi sindacali ai vari livelli. Lungi dal fare una scelta
che guardi a un miglioramento della qualità dell’informazione,
facendo uno sforzo di investimento e rilancio, preferiscono attuare soltanto
politiche miopi di risparmio immediato da scaricare sulle redazioni.
La redazione catanese della Gazzetta del Sud è stata fortemente
ridimensionata; resiste quella del Giornale di Sicilia, testata che si
conferma però fucina di esperimenti deleteri, dopo i praticantati
a tempo (anche brevissimo) del passato, fenomeno che ha creato un bacino
di precariato che tanti problemi ha causato ai colleghi del GdS, ad esempio
in occasione degli scioperi effettuati in passato dalla redazione che però ha
subìto la beffa di vedere il giornale in edicola (ciò non è avvenuto
quest'anno in occasione della giornata del silenzio dell'informazione,
ma probabilmente soltanto perché l'editore vi aderiva). L'ultimo
esperimento riguarda gli art. 12 ai quali vengono affidate pagine da gestire,
azzerando praticamente in tal modo il principio della centralità della
redazione e provocando il rischio della dismissione dei redattori, che
diventano figure sempre più inutili, marginali ed eccessivamente
costose nel processo produttivo. Di contro, i colleghi che lavorano da
casa al desk sono soli, isolati, non vivono il confronto all'interno di
una redazione, non sentono l'appartenenza a una categoria, sono sempre
più in balìa di qualsiasi richiesta e capriccio dell'editore.
Il Giornale di Sicilia offre ai collaboratori art. 12 un fisso di 240 euro
al mese più 7 euro ad articolo per gestire un'intera pagina. Perché continuare
a pagare i redattori con stipendi da art. 1? Poco importa poi che con circa
400 euro al mese - quello che presumibilmente questi art.12 riescono alla
fine a racimolare - probabilmente non si campa. Sicuramente si campa male.
Poco importa, in una visione miope in cui l'unico interesse è il
guadagno immediato e non certo la qualità dell'informazione, che
verrà il giorno in cui questi colleghi faranno causa all'azienda,
ma intanto passa il principio dirompente che i redattori sono figure inutili
e eccessivamente costose, passa il principio che con 400 euro al mese c'è chi
fa il giornale. E magari deve anche dire grazie. Il principio della interscambiabilità,
che sta dilagando, dimostra come gli editori non siano per nulla interessati
alla qualità, ma soltanto ad avere massa di manovra quanto più ricattabile
e quindi tanto più gestibile possibile.
Anche La Sicilia, dove – almeno per ora - abbiamo dissuaso l'editore
dal lanciarsi nello stesso esperimento del Giornale di Sicilia, ci sono
stati comunque 6 dolorosi (non tanto per i diretti interessati, quanto
per il corpo redazionale) esodi volontari e incentivati nella redazione
di Catania, più 2 pensionamenti nelle redazioni distaccate, senza
che i colleghi siano stati sostituiti da forze nuove, nonostante nella
nostra redazione a Catania ci siano almeno 4 colleghi professionisti precari
storici (più quelli delle redazioni distaccate), ai quali vengono
comunque garantite le sostituzioni estive e spesso anche invernali. Dopo
essere riusciti a difendere comunque le nostre buste paga da ulteriori
erosioni e dopo avere evitato incombenti stati di crisi con tutte le conseguenze
che gli stati di crisi comportano, questa è una delle frontiere
che, insieme con la riorganizzazione del lavoro e la sfida multimediale,
come Cdr uscente lasciamo in eredità al nuovo Cdr.
Nel campo degli uffici stampa (che è quello dal quale si possono
aprire opportunità di lavoro, vista l'erosione dei posti di lavoro
nelle redazioni), così come avviene altrove, anche in provincia
di Catania esiste una situazione variegata, che le vicissitudini con la
Corte dei conti hanno ulteriormente complicata, provocando il passaggio
di alcuni contratti dall’ambito Fnsi-Fieg (così come correttamente
erano in origine) a quello degli enti locali, come avvenuto ad esempio
al Comune di Catania, che è inadempiente anche per la mancata stabilizzazione
annunciata, iniziata e poi interrotta di tre colleghi. Tranne pochissimi
esempi (Provincia di Catania in parte, perché poi questo stesse
ente è responsabile della vicenda annosa e inaccettabile del collega
Daniele Lo Porto; Parco dell’Etna; Comune di Tremestieri Etneo; Comune
di Caltagirone; università di Catania, Ersu e pochi altri) la maggior
parte dei contratti applicati dalle amministrazioni locali – laddove
gli amministratori ravvisano la necessità dell’ufficio stampa:
ma in molti casi, un po' per ristrettezze economiche, un po' per ristrettezze
culturali da parte dei burocrati, la legge 150/2000 resta totalmente disattesa – sono
contratti di consulenza a tempo determinato (nei casi migliori, di durata
annuale, ma ci sono casi di rinnovi mensili). Si passa dall’Lsu dislocato
per qualche ora alla settimana a curare l’ufficio stampa come avviene
a Santa Venerina all’addetto stampa presente nell’ente tutti
i giorni con orario pieno, ma con contratto Co.co.co. di vario genere (che
anzi normalmente non ne prevede la presenza fissa, poi richiesta di fatto
invece dai committenti).
Si va dai colleghi del Comune di Catania ai quali è stato tolto
il Cnlg e applicato il contratto enti locali alla vicenda del collega Daniele
Lo Porto, "consulente" alla Provincia il cui destino, così come
avviene a tanti altri precari, si gioca tutto sul favore o meno riscosso
presso il politico o il burocrate di turno, alla vicenda paradossale di
Nicola Savoca che il Comune di Adrano ha tentato più volte di estromettere,
senza successo, ma che viene tenuto in stand by, impedendogli di lavorare
e causando con ciò, a parere della segreteria provinciale dell'Assostampa,
un danno erariale al Comune e sicuramente una situazione di mobbing. L'Assostampa è stata
vicina a ciascuno di loro, accompagnandoli nelle cause, fornendo loro supporto
legale e morale. Ma ci sono diversi altri colleghi con i quali, senza fare
pubblicità, in ossequio ai loro desiderata, abbiamo discusso delle
rispettive situazioni professionali.
Abbiamo discusso all'Ersu della pianta organica, chiedendo due posti
per giornalisti, ai quali applicare il Cnlg, nell'ambito dell'ufficio
stampa.
Abbiamo inviato, come le altre segreterie provinciali a supporto del
lavoro certosino svolto dall'Assostampa regionale e in particolare da
Alberto,
lettere al presidente dell'Asp, al rettore, ai dirigenti delle aziende
ospedaliere e universitarie, per chiedere loro che, in applicazione della
legge e di quanto concordato con l'assessore Russo, redigessero le piante
organiche prevedendo i posti necessari per gli addetti stampa. E in questo
ambito sembra che ci siano spiragli.
E’ da tenere presente, però, che se già il quadro degli
uffici stampa pubblici è così variegato e presenta più ombre
che luci, laddove si passa invece nel campo privato, le luci si spengono
completamente e il buio regna sovrano. Nella drammatica situazione di penuria
di lavoro dovuta da una parte alla crisi e dall'altra all’eccesso
di ingressi nella professione e al conseguente numero straripante di disoccupati
o inoccupati disponibili sulla piazza, si trova di tutto: l’ufficio
stampa gratuito, l’ufficio stampa pagato pochi euro al mese, l’ufficio
stampa tenuto da chi non ha i titoli per farlo, l’ufficio stampa
anonimo, l’ufficio stampa fai da te oppure quello tenuto dagli esperti
o dai consulenti di immagine.
In questi mesi, come segreteria provinciale dell’Assostampa abbiamo
inviato più di 170 lettere di contestazione, allorquando arrivavano
o venivano segnalati comunicati stampa non firmati, firmati genericamente
ufficio stampa o non redatti da giornalisti. L’addetto stampa, infatti
- a differenza dei collaboratori dei mass media che, prima di acquisire
il tesserino, devono fare sul campo i giornalisti (paradosso esistente,
tra le professioni, soltanto in quella giornalistica) -, deve già essere
iscritto negli elenchi dell’albo dei giornalisti per potere esercitare.
Lo ribadiamo ancora una volta: i comunicati stampa devono essere fatti
dai giornalisti, che devono essere identificabili perché devono
rispondere di quanto riportato nel comunicato, sia dal punto di vista professionale
sia dal punto di vista deontologico. E, a differenza degli articoli e dei
servizi tv, radio o su internet, non si diventa giornalisti facendo i comunicati
stampa.
E lo sa bene anche un consigliere dell'Ordine regionale che pare abbia
avvisato gli aspiranti pubblicisti durante il corso tenuto prima di sostenere
l'esamino per acquisire il tesserino a non dichiarare, eventualmente,
di avere già fatto gli addetti stampa, perché non si può fare.
Se questa notizia fosse vera (e mi auguro che non lo sia), una cosa di
questo genere sarebbe di una gravità inaudita: vorrebbe dire che
qualcuno all'interno dell'Ordine avalla l'esercizio abusivo della professione.
Come peraltro avviene nel caso di chi, più volte finito davanti
allo stesso Ordine per esercizio abusivo della professione, viene premiato
con il tesserino.
Infatti, se i comunicati stampa non sono redatti dai giornalisti, oltre
che essere opportunità di lavoro tolte a chi ne avrebbe diritto,
sono fattispecie che racchiudono gli estremi del reato di esercizio abusivo
della professione. Certo, il modo di stroncare questo reato ci sarebbe
e sarebbe semplicissimo: basterebbe che i colleghi che ricevono i comunicati
stampa anonimi, firmati genericamente ufficio stampa o firmati da non giornalisti
ignorassero questi stessi comunicati stampa. Ma purtroppo non sempre questa
categoria dà prova di grande sensibilità. In ogni caso, in
qualche caso abbiamo ottenuto riscontri alle contestazioni e forse si sta
creando qualche opportunità di lavoro. In altri casi, i riscontri
sono ancora più paradossali dell'ignoranza e dell'errore: c'è chi
ha spiegato che i comunicati stampa erano stati redatti "volontariamente
e gratuitamente" da un collega, c'è chi si ostina a non volere
capire la differenza tra Urp e addetto stampa o portavoce, c'è chi
ha visto dietro le lettere di contestazione la longa manus del sindaco
di turno che vuole "controllare l'informazione". Tra i politici,
infatti, continua a prevalere l'idea che l'addetto stampa sia un portaborse
al servizio di chi lo ha messo in quel posto. Non è così,
e il concetto va ribadito continuamente, nella speranza che prima o poi
faccia breccia anche in chi si ostina a non volerlo accettare, magari perché è in
malafede. O semplicemente perché è più comodo così.
L'ufficio stampa è un ufficio come qualsiasi altro, come l'ufficio
tecnico o l'ufficio anagrafe. Nessuno penserebbe di "epurare" l'ufficio
tecnico o l'ufficio anagrafe quando cambia l'amministrazione. E lo stesso
vale per l'ufficio stampa: la professionalità e la deontologia alla
quale tutti noi iscritti all'Albo siamo tenuti, sono la garanzia migliore
per i committenti. In altri casi non abbiamo avuto riscontri e, laddove
questo reato di esercizio abusivo della professione è stato reiterato
più volte, anche da enti o associazioni paladine della legalità e
dei diritti, stiamo segnalando i casi all'Ordine dei giornalisti. Ma se
questo non dovesse prendere adeguati provvedimenti, siamo disponibili,
come ribadito più volte, a rivolgerci alla magistratura e ad adire
le vie legali.
Anche in questo campo si riscontra – anzi, ci si scontra – con
un muro di omertà, che viene squarciato soltanto in privato e con
la preghiera di non fare emergere nulla. Ma c’è di peggio:
di fronte a una segnalazione inviata mesi fa dalla segreteria provinciale
dell'Assostampa all’Ordine regionale dei giornalisti in cui si segnalava
il caso di una giornalista sedicente professionista (in realtà pubblicista)
che aveva ottenuto un incarico di ufficio stampa gratuito al Comune di
Mascalucia, l’Ordine regionale ha ritenuto di non dovere intervenire
perché si trattava, a parere dei colleghi consiglieri, di “consulenza” e,
quindi, come tale, da potersi effettuare anche a titolo gratuito. Ribadiam
il nostro totale e assoluto disaccordo con quanto sostenuto dai colleghi
dell’Ordine dei giornalisti, in quanto l’incarico in questione
non era per una consulenza ma per ricoprire il ruolo di addetto stampa
a tutti gli effetti, come risultava chiaramente dalla determina, ma soprattutto
perché il lavoro va sempre e comunque retribuito. Almeno così dice
la Costituzione e tutte le leggi che da questa discendono.
Sempre a proposito di uffici stampa, tempo fa il presidente regionale
del Gus, Gaetano Perricone, ha proposto ad Alberto e a me di organizzare
un
incontro con i colleghi degli uffici stampa operanti in provincia di
Catania. Un'idea che ha immediatamente raccolto il plauso incondizionato
sia di
Alberto sia mio. Caro Gaetano, aspettiamo che tu ci comunichi quando
fare questa riunione.
Passando alle televisioni locali, la crisi che a livello regionale ha
travolto Videomediterraneo, ha comportato anche a Catania la perdita
di un posto
di lavoro. La segreteria provinciale ha realizzato, come ogni anno, il
tradizionale studio sulle televisioni private. Uno studio che non ha
però purtroppo
una grande validità. La relazione sull’emittenza televisiva
in provincia di Catania, pur interessante sotto certi punti di vista, sconta
infatti un peccato di fondo. La maggior parte delle notizie riportate sono
fornite dai direttori o comunque dalle voci ufficiali delle aziende e raccontano,
tranne alcune eccezioni microscopiche e molto periferiche in cui non esiste
neanche una parvenza di redazione, di una situazione di legalità diffusa,
con giornalisti o aspiranti tali regolarmente contrattualizzati (con i
contratti Aeranti Corallo o al limite con gli Frt che, pur non essendo
contratti giornalistici, sono pur sempre una tipologia di contratto). Il
quadro ufficiale non deve però trarre in inganno, perché laddove è stato
possibile contattare singoli giornalisti o aspiranti tali che lavorano
nelle redazioni televisive, assicurando loro l’assoluto anonimato,
esce invece un quadro drammatico della professione e della categoria: aspiranti
pubblicisti sfruttati e mandati allo sbaraglio, aspiranti pubblicisti -
quindi non ancora in possesso del tesserino - che leggono i telegiornali
(e, nonostante le ripetute denunce all’Ordine per esercizio abusivo
della professione e ridicole spiegazioni fornite allo stesso Ordine dai
diretti interessati, premiati alla fine con l’agognato tesserino
di pubblicista e che ora si apprestano a conquistare anche quello da professionista).
Il quadro si compone anche di colleghi o aspiranti tali che non vengono
pagati e che firmano buste paga false. A molti di loro vengono dati assegni
da cambiare, dei quali devono restituire poi la maggior parte della somma,
intascando cifre irrisorie come “stipendio”. E ci sono anche
aspiranti colleghi che si pagano da soli le ritenute d’acconto per
potere poi conquistare il tesserino. Il quadro a tinte decisamente fosche
vede anche colleghi (quindi già muniti di tesserino) pagati in maniera
irrisoria, costretti – pur da semplici collaboratori - a coprire
anche turni - perché di questo inequivocabilmente si tratta, checché ne
possa dire la proprietà o chi la rappresenta - per 13 euro lordi
a pezzo. E, se non realizzano il servizio o qualche collega non cede loro
gentilmente un pezzo, costretti a lavorare gratis, a coprire turni gratis.
E si arriva persino a casi tragicomici in cui i turnisti vengono indicati
con pseudonimi, forse per evitare, secondo fantasiose ricostruzioni, eventuali
future vertenze. Il quadro che ne esce fuori, al di là delle dichiarazioni
ufficiali, è quello di alcune emittenti in particolare che si distinguono
come “tesserinifici” e sulle quali sarebbe auspicabile effettuare
controlli più stringenti da parte degli organismi previdenziali
di categoria, della stessa magistratura per i casi di esercizio abusivo
della professione (alcuni dei casi sono stati segnalati in passato all'Ordine
senza alcun risultato) e, anche se può sembrare paradossale, in
certi casi, viste le condizioni dei locali, probabilmente persino dell'Asp
e dell'ufficiale sanitario. Speriamo che vengano effettuati al più presto
controlli incrociati che consentano di fare emergere almeno le storture
più eclatanti, in alcuni casi anche le truffe ai danni del Corecom
(e quindi di tutti i cittadini che paghiamo le tasse), a prescindere dalle
testimonianze che, purtroppo, non si otterranno mai. Il problema che si
riscontra è infatti trovare qualcuno che, uscendo dall’anonimato
o dalla confidenza amichevole, sia disponibile a denunciare questo stato
di cose, fornendo le prove di quanto avviene. Il quadro a cui fare riferimento
resta quindi purtroppo quello ufficiale, pur sapendo che la realtà è ben
diversa da come viene ufficialmente riportata.
Né si convincono le persone spiegando loro che lavorando gratis
o per cifre irrisorie, magari per ottenere il tesserino, ma a volte anche
già possedendo il tesserino, sortiscono l'unico risultato di rovinare
totalmente la piazza. Chi fa così non difende un posto di lavoro,
perché questi non sono veri posti di lavoro. E chi lavora per 400-500
euro al mese non vive, distrugge la categoria, fa saltare completamente
il sistema previdenziale e non si crea neanche un proprio presente e un
proprio futuro, perché non può né organizzarsi la
vita né si costruisce una pensione futura (ricordiamo sempre che
ormai siamo sempre più sistema previdenziale contributivo, sicuramente
lo sono le nuove leve, il che vuol dire che avremo un massimo del 40% dell'ultimo
stipendio come assegno di pensione, a fronte dell'attuale 80% E se un art.1,
quindi il massimo del "privilegio" possibile, andando in pensione
col massimo dei contributi può aspirare a non più di 1.200
euro di pensione al mese, è facile immaginare che chi lavora senza
contratto o con contratti depotenziati prenderà cifre irrisorie,
sicuramente drammaticamente inferiori alla stessa pensione sociale).
Di precari e freelance si è discusso a lungo durante il congresso
nazionale della Fnsi, che si è tenuto due settimane fa a Bergamo:
chiarito - anche se qualcuno ancora non l'ha capito - che non tutti possono
diventare giornalisti, tra le proposte più interessanti della commissione
nazionale lavoro autonomo c’è quella di tentare di rendere
più oneroso per gli editori il costo del lavoro autonomo rispetto
a quello dipendente. Il mercato del lavoro è infatti sfalsato da
un eccesso di giornalisti disponibili: secondo l'ultima ricerca disponibile
sul giornalismo “emerso”, pubblicata circa 3 mesi fa da Pino
Rea per Lsdi (Libertà di stampa, diritto all’informazione),
utilizzando i dati di Ordine, Fnsi, Inpgi, al 31 dicembre 2009 su due giornalisti
iscritti all'Ordine solo uno risultava attivo nella professione. O almeno
era "visibile", nel senso che era titolare di una posizione contributiva
all'Inpgi, in quanto lavoratore dipendente o autonomo. Al 31 dicembre 2009,
su 108.437 giornalisti ufficiali in Italia - ma oggi abbiamo già superato
quota 110.000 - (siamo tanti, siamo troppi: e ogni anno in Italia vengono
sfornati dall’Ordine 1.200 nuovi professionisti -e un numero ancora
superiore di pubblicisti, a fronte di un turn over che può assorbirne
appena 200 l’anno), gli "attivi" erano 49.239: il 50,17%
- la metà, quindi - degli iscritti se si escludono albo speciale
e stranieri, e il 45,4% se si considerano anche questi ultimi. Gli "invisibili" sono,
nella grandissima maggioranza, pubblicisti. Dei 62.155 pubblicisti iscritti
all'Ordine, solo 23.700 sono iscritti all'Inpgi: 4.086 risultano all'Inpgi
come lavoratori dipendenti e 19.626 come lavoratori autonomi. I redditi
sono diminuiti, con conseguenze che si profilano gravissime per il sistema
del welfare dei giornalisti. E nel campo del lavoro autonomo, il 55,25%
dei giornalisti iscritti dichiara complessivamente entrate sotto il 5.000
euro lordi annui (equivalenti a meno di 416 euro lordi al mese). La conseguenza è che,
se da un lato i giornalisti art.1 stanno diventando una specie in via di
estinzione (troppo costosi per gli editori che hanno decine di migliaia
di giornalisti a disposizione da sfruttare a costi irrisori o addirittura
gratuitamente), dall’altro lato, se oggi occorrono 3 giornalisti
in attività per pagare una pensione, in un futuro molto prossimo
occorreranno 6-7 o addirittura 10 giornalisti in attività per pagare
una pensione: il sistema pensionistico, pur con le riforma da sistema retributivo
a sistema contributivo, rischia quindi di saltare. E’ quindi fortissima
la necessità di trovare strumenti per dare pari dignità al
lavoro dipendente e a quello autonomo (magari rendendo quest’ultimo
più oneroso per gli editori rispetto a quello dipendente), la necessità della
riforma dell'Ordine e in particolare dell'accesso alla professione (anche
con l’introduzione del numero chiuso e comunque sicuramente con un’unica
forma di accesso. Ma già oggi, anzi, da molto tempo, l’Ordine
dovrebbe effettuare le revisioni degli elenchi), la necessità della
riforma degli strumenti per rendere più efficace il sistema del
welfare dei giornalisti (Inpgi e Casagit, che rischiano a breve di saltare
con questi numeri e se non si inverte questa progressione), la necessità di
applicare la legge 150/2000 sugli uffici stampa pubblici (unico campo in
cui possono aprirsi nuove opportunità occupazionali). Proprio venerdì scorso,
di legge 150/2000 e di uffici stampa si è discusso in Fnsi.In questo
quadro a tinte fosche si aggiungono le testate on line, per lo più al
di fuori di qualsiasi controllo, anche perché non esiste in realtà una
giurisprudenza univoca in questo settore. A questo proposito, facciamo
un appello alla Fnsi affinché affronti le problematiche, soprattutto
legali, di questo settore.
Ma anche sul cartaceo si riscontrano dei casi di illeicità alle
volte talmente eclatanti da risultare quasi incredibili: come quello di
una rivista andata in stampa senza un direttore responsabile giornalista
e senza registrazione in tribunale e messasi poi in regola in seguito alla
nostra lettera di contestazione; ma il panorama è vario e ci sono
quelli che "aggirano" le norme navigando tra rete e, sporadicamente,
lanciandosi nel cartaceo con numeri 0 in corso di registrazioni fantasma.
Se da una parte ciò denota un sacrosanto desiderio di farsi sentire
da parte dei cittadini, dall'altra ribadiamo che le regole vanno rispettate.
E a proposito del rispetto delle regole, vorrei sottolineare che, se
protestiamo fermamente per qualsiasi tentativo di controllo preventivo
sui contenuti
della stampa, la stampa non può e non deve essere utilizzata come
un'arma politica per attaccare gli avversari che in Italia, con l’estremizzazione
politica in corso, ultimamente non sono più considerati tali, cioè avversari,
ma nemici. Probabilmente il rispetto delle regole da parte di tutti è la
vera cifra della democrazia: e probabilmente questa categoria dovrebbe
avviare una riflessione seria anche in questo ambito.
Una riflessione seria sulla qualità dell’informazione, su
un’informazione troppo spesso addomesticata, ma spesso anche troppo
di parte. Tenendo conto di quella che tra noi addetti ai lavori dovrebbe
essere una banalità, ma che talvolta dimentichiamo. Tutti i mezzi
di informazione – nessuno escluso - sono proprietà di un editore
e, come tali, seguono una linea editoriale. E non è detto che i
mass media di “denuncia” siano necessariamente i più puri
o i più liberi. Anzi, talvolta, essendo molto schierati, lo sono
meno di altri. Tanto di cappello ai mass media di denuncia: ci piacciono
molto, purché rispettino le regole. Tutte le regole: dalle norme
di legge a quelle professionali, deontologiche e, perché no, anche
sindacali. Ogni mezzo di informazione ha un editore e una linea editoriale:
e questo è non solo lecito, ma sacrosanto. La libertà di
informazione è data dalla pluralità delle voci, non dal fatto
che nel panorama esista una voce più libera delle altre. Ricordando
sempre che noi giornalisti, per qualunque editore lavoriamo, abbiamo comunque
la possibilità di mantenere la schiena diritta, senza particolari
clamori e senza bisogno di arrivare all’estremo rimedio delle dimissioni,
se un editore o chi per lui ci chiede di modificare un pezzo o un servizio
in una maniera che non condividiamo: noi giornalisti possiamo infatti ritirare
la firma e, nei casi più seri, persino il pezzo.
Attorno a tutte queste testate ruota una massa assolutamente incontrollata
e incontrollabile di colleghi o aspiranti tali, privi per lo più di
qualsiasi nozione anche elementare su diritti e doveri della nostra professione
o sugli istituti della nostra categoria. Sono giornalisti fai da te che
spesso non hanno neanche un contatto con professionisti nelle redazioni
che possano loro spiegare i rudimenti della professione, primi tra tutti
quelli sulla deontologia professionale che deve essere la bibbia dei giornalisti.
Anche per questo, oltre che per cercare di avvicinare i colleghi al sindacato,
abbiamo inviato, al 31 dicembre 2010, a una ampia platea di colleghi o
aspiranti tali - senza guardare se fossero o meno iscritti - via email
e su Facebook 63 comunicazioni, riguardanti per lo più comunicazioni
di servizio che magari a chi è già addentro alla professione
potevano interessare relativamente (ma in qualche caso, come nel ricordare
le norme della deontologia professionale, repetita iuvant), ma che riteniamo
siano fondamentali per chi invece vive ai margini di questa professione.
Abbiamo spaziato dalla deontologia alle regole sulla disoccupazione, dalla
stabilizzazione (per spiegare la quale abbiamo anche fatto un incontro.
A proposito, vi ricordiamo che la stabilizzazione è stata proprogata
fino al 20 settembre 2011) alle regole dell'Inpgi 2 e dei Co.co.co., dalle
pensioni e dalle nuove finestre che di fatto aumentano di un anno l'età pensionabile
tranne che per le pensioni di vecchiaia alla totalizzazione, dalla Casagit
ai bandi di concorso fino alle regole per diventare pubblicista e alle
nuove regole introdotte dal collegato lavoro, che altro non è che
l'ennesimo esempio di come in Italia si stiano svuotando di contenuto i
diritti dei lavoratori. E anzi, se qualcuno di voi non riceve le nostre
email, ci fornisca per favore il proprio indirizzo di posta elettronica
per essere inseriti nella nostra mailing list.
Ai margini di questa professione vivono sicuramente coloro che vengono
pagati 5-6 euro a pezzo: un problema che va affrontato, ma non come sostiene
qualcuno abbassando gli stipendi di chi è contrattualizzato (gli
editori, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, incasserebero
questo regalo senza dare in cambio alcuna contropartita. Fermo restando
che gli stipendi sono già stati "calmierati" con il raffreddamento
degli scatti - diventati, con l'ultimo contratto, triennali tranne che
per i primi tre rimasti biennali - e con l'eliminazione del meccanismo
della loro rivalutazione). Il problema si risolve cercando di alzare le
retribuzioni di chi è ai margini. E anche di questo si è discusso
al congresso nazionale, anche se diventa difficile chiedere di aumentare
le retribuzioni per i collaboratori quando ci sono leggi e sentenze che
hanno svuotato di valore coercitivo il tariffario dell'Ordine e tanti colleghi
o aspiranti tali disponibili a lavorare per cifre irrisorie o gratuitamente,
vere e proprie masse di manovra nelle mani degli editori.
E torniamo sempre alla fatidica legge della domanda e dell'offerta. Ci
vorrebbe una politica meno miope da parte dell'Ordine che dovrebbe rendere
più strette le maglie per ottenere il tesserino. In Italia oggi
i giornalisti siamo 110.000. Decisamente tanti, decisamente troppi. Secondo
la ricerca di Lsdi che citavo prima, dal 1975 al 2009 gli iscritti all'Ordine
dei giornalisti in Italia sono quadruplicati, passando da 27.800 a 108.437.
Il 52,86% di questi versa alla gestione principale dell'Inpgi, il 47,14%
sono freelance e collaboratori autonomi iscritti all'Inpgi 2 (ma il 24%
di queste posizioni sono congelate per mancanza di contributi). Se i giornalisti
Inpgi 1 dal 2000 al 2009 sono aumentati del 58,06%, nello stesso lasso
di tempo i giornalisti autonomi hanno registrato un balzo del 208%. La
conseguenza, come dicevo prima, è che se nel 2009 un lavoratore
subordinato su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi
all'anno, ben il 55,25% degli autonomi dichiarava addirittura un reddito
annuo inferiore ai 5.000 euro lordi (equivalenti a meno di 416 euro lordi
al mese). In linea con quest'ultimo drammatico dato la percentuale dei
Co.co.co. che al 49,5% hanno dichiarato redditi tra gli 0 e i 5.000 euro
lordi all'anno.
E la Sicilia in questi anni è una delle regioni che ha sfornato
più giornalisti, visto che ha risalito la classifica del numero
di giornalisti. Nel 1975 in Sicilia c’erano iscritti 1302 giornalisti
e, in una Italia in cui esistevano soltanto 13 Ordini regionali, la Sicilia
si poneva al settimo posto. Nel 1985 in Sicilia c'erano 1980 giornalisti
e, su 16 Ordini regionali esistenti in Italia, la Sicilia era all'ottavo
posto. Si manteneva, quindi a metà della classifica, come 10 anni
prima. Nel 2009 in Sicilia c'erano 5.357 giornalisti (897 professionisti,
92 pensionati, 77 praticanti, 3.957 pubblicisti, 332 iscritti all'elenco
speciale, 2 stranieri). Nel 2009, su 20 Ordini regionali, la Sicilia si è classificata
al settimo posto, guadagnando quindi posizioni dalla metà della
classifica.
Ma quanti di questi 5.357 giornalisti (in realtà qualcuno in più:
c'è un ulteriore intero anno di "immissioni" negli elenchi)hanno
come vivere? Il mercato dell'informazione in Sicilia offre 5.357 opportunità di
lavoro? E dove dovrebbero trovare posto i nuovi colleghi che ottengono
il tesserino e quelli che sognano, magari dalla facoltà di scienze
delle comunicazioni o dalle scuole di giornalismo, di entrare in questo
mondo dorato, dove più della metà dei collaboratori guadagna
meno di 5.000 euro lordi all'anno? Non possiamo continuare ad illuderci:
non tutti possono diventare giornalisti, perché tutti giornalisti
vuol dire nessun giornalista. La povertà è un bavaglio ed
essere costretti a lavorare per 2-3 euro a pezzo è un bavaglio:
e diventa quindi un rischio per la democrazia, quindi per tutti. E non è un
problema solo dei precari, ma anche di chi è o ritiene di essere
super garantito: perché viene espulso dal mondo del lavoro, perché non
potrà percepire pensioni e perché non potrà ben presto
usufruire dei servizi della Casagit. Perché i conti dell’Inpgi
e della Casagit, così facendo, sono destinati ben presto a saltare.
La Fnsi vuole fare un piano straordinario per la precarietà. La
commissione nazionale lavoro autonomo ha già prodotto diverse proposte.
Abbiamo inviato per email le proposte della commissione nazionale freelance
e precari, altre copie sono qua disponibili per chi volesse prenderne visione.
Processi di stabilizzazione potranno riguardare, presumibilmente, una parte
dei precari, ma sicuramente la maggior parte dei precari resteranno tali.
Non ci si può fare illusioni. Tra le proposte presentate, la creazione
di un osservatorio sul mercato del lavoro autonomo, ma anche la previsione,
in prospettiva (proposta che a me personalmente, con l'esperienza di qualche
anno di Cdr, piace molto), di un rappresentante dei freelance all’interno
dei Cdr. Ma è indubbio che si deve procedere a una indifferibile
modifica delle norme di accesso alla professione. Non è possibile
sfornare in Italia 1.200 nuovi giornalisti all’anno, quando il turn
over non permette di coprire più di 200 posti all’anno. Vuol
dire, se la matematica non è un’opinione, che vengono sfornati
ogni anno dall’Ordine in Italia 1.000 disoccupati.
L'Ordine deve poi fare molto più spesso la revisione degli elenchi:
perché ci sono professionisti che risultano dipendenti di enti nei
quali non svolgono attività giornalistica? Perché non si
cancellano i pubblicisti che non svolgono più questa professione
neanche per hobby? Perché non si cassa la norma per cui chi è iscritto
da 15 anni non può più essere cancellato? Perché gli
elenchi degli iscritti all'Ordine in Sicilia on line sono aggiornati solo
fino a febbraio 2010 (e fino a pochi giorni fa erano fermi a settembre
2009)? Dopo notevoli pressioni da parte dell'Assostampa, in Sicilia sono
stati cancellati 90 colleghi: 90 su 6.000. Non basta. A parte le storture
di casi eclatanti di chi ha acquisito il tesserino, tra l'altro con tempistiche
molto dubbie, dopo essere stata chiamata più volte a rendere conto
del reato di esercizio abusivo della professione e che ora si appresta
a diventare anche professionista, vorremmo che l'Ordine diventasse un po'
meno notaio e un po' più poliziotto. O forse ci basterebbe persino
che facesse il notaio: i notai non si limitano infatti a ricevere le carte,
ma controllano che le carte corrispondano alla realtà e ne rispondono
poi davanti alla legge. L'Ordine dei giornalisti è un ente di diritto
pubblico e ha dei poteri di controllo: perché non li applica? Perché chiude
gli occhi?
Tornando a ciò che abbiamo fatto, abbiamo rimesso mano alle convenzioni:
abbiamo ripreso quelle di vecchia data, controllando di ciascuna se fossero
ancora in vigore o meno, e ne abbiamo stipulate una quindicina di nuove,
spaziando dall'arte allo sport, dall'abbigliamento alla gioielleria, dalla
salute alla cura del corpo. Vero è che le convenzioni non sono l'aspetto
più importante per un sindacato, ma il potere usufruire di sconti
in tanti settori consente a tutti di ammortizzare abbondantemente anche
la spesa della quota annuale di iscrizione al sindacato. E avendo a che
fare con colleghi che non sempre navigano nell'oro, anche questo può essere
un incentivo ad iscriversi e una forma di vantaggio che può essere
utile alle finanze personali e familiari. Ricordiamo che tutte le convenzioni
in vigore, che spesso i colleghi non conoscono, sono riportate sul sito
dell’Assostampa Sicilia al link “Servizi e convenzioni”.
Grazie alle nostre pressioni, sul sito dell'Assostampa regionale sono
state create le pagine per le sezioni provinciali: la nostra pagina -
lo dico
senza tema di smentita - è sicuramente quella che riporta un numero
maggiore di notizie.
Abbiamo poi fatto delle riunioni sul territorio (a Riposto, Giarre, Caltagirone,
Randazzo, Acireale. Ma chiediamo ai colleghi sul territorio di organizzarci
altri incontri), oltre che una riunione come Cpo e per l'elezione del
rappresentante dei freelance: meno di quelle che avremmo voluto fare
nel corso di questi
11 mesi, ma abbiamo pur sempre toccato quasi tutto il territorio. E,
laddove non siamo arrivati, abbiamo supplito con le email, con Facebook
e con i
telefonini accesi 24 ore su 24.
Abbiamo pure cercato di ricreare l'abitudine a rivederci anche in occasioni
piacevoli: abbiamo quindi organizzato gli auguri di Pasqua (in poco più di
48 ore) e, con più calma, quelli di Natale, ai quali con l'Ucsi
abbiamo legato una lotteria di beneficenza per i bambini dell'Unicef. Abbiamo
raccolto 1.310 euro - e di questo ringraziamo tutti i colleghi che hanno
partecipato - che sono stati interamente devoluti all'Unicef: a riprova
del fatto che il sindacato non è chiuso su se stesso, ma è aperto
anche alla solidarietà.
Non abbiamo una sede, continuiamo a non avere una sede. Abbiamo però,
grazie alla disponibilità del collega Salvo Fichera e della signora
Alessandra, assicurato l'apertura dello sportello Assostampa una volta
al mese e ora, a gennaio, mese topico di scadenze con il pagamento delle
quote, diverse volte nel corso del mese. Fermo restando, sempre, i telefonini
accesi 24 ore su 24, la posta elettronica, Facebook. Abbiamo discusso con
tanti colleghi, cercando di dare loro risposte, consigli, cercando di stare
loro vicini. E qualche volta forse ci siamo anche riusciti, visto alcuni
di questi colleghi si sono iscritti e si stanno iscrivendo all'Assostampa.
Ma in questo conteggio mi tocca anche il triste compito di ricordare
3 colleghi che purtroppo non ci sono più: Giuseppe Maricchiolo, Filadelfio
Basile e Carmelo Gennaro. Vi chiedo di osservare un minuto di silenzio
in ricordo di questi colleghi che ci hanno lasciato.
Facendo un bilancio personale, devo dire che questi 11 mesi sono stati
difficili, in alcuni momenti caotici. Sono volati. Non so se ciò sia
avvenuto perché ho ormai superato abbondantemente gli "anta" o
semplicemente perché c'è stato tanto da fare. In 11 mesi,
dall'1 febbraio al 31 dicembre 2010, abbiamo protocollato 176 tra lettere
e documenti, alle quali si aggiungono le 63 comunicazioni che abbiamo inviato
via email. Questi numeri - e la pila di documenti che troneggia sul tavolo
a casa mia - danno, sia pure in minima parte ma immediatamente visibile,
l'idea del lavoro svolto. Anche perché nel frattempo abbiamo dovuto
affrontare una serie di appuntamenti: immediatamente dopo l'elezione 11
mesi fa, il congresso regionale, poi le elezioni del rappresentante dei
freelance (ricordo che a Catania è la collega Gaia Montagna), poi
le elezioni dell'Ordine, infine il congresso nazionale.
Una serie di tappe affrontate con una grande squadra che ringrazio per
l'impegno e anche per i risultati ottenuti. Sono loro i veri volontari
sindacali e a loro va tutta la mia gratitudine perché, senza avere
cariche o incarichi, si fanno carico, insieme con la segreteria provinciale,
del lavoro da fare. A questo proposito, volevo dire che non ho creato,
così come era nei programmi, la segreteria allargata: semplicemente
perché ritengo tutta la squadra segreteria allargata. E allora permettetemi
di ringraziare Eleonora, Paolino, Pippo, Daniele, Anna Elisa, Tano, Antonio,
Gaia, Salvo, Rossella, Pinella, Giovanna, Orazio, Peppino, Nunzio, Mario,
Tonio, Gaetano, Rosa Maria, Concetto, Giuseppe. Spero di non avere dimenticato
nessuno. La squadra, ovviamente, è sempre aperta a nuovi apporti:
abbiamo sempre detto che il sindacato non è altro, non è cosa
che riguarda soltanto alcuni, ma siamo tutti noi.
Ringrazio ovviamente la mia vice, Monica Adorno, punto di riferimento
sempre al mio fianco e con la quale condivido questo impegno e mi confronto
sulle
varie questioni: non credo di poterla definire diversamente che come
preziosa amica. Così come ringrazio, in particolare, Alberto e Gigi che in
questi 11 mesi hanno dovuto gestire le mie continue richieste di informazioni
- notoriamente sono rompicogliona e lo sono diventata infinitamente di
più in questi ultimi mesi - e le mie altrettanto continue crisi.
E a questo proposito, cari Alberto e Gigi, siccome è vero che si
diventa sindacalisti sul campo - è giusto e ovvio che sia così -
ma è anche brutto camminare a tentoni al buio, come vi ho detto
più volte, anche se io ho la fortuna (per vostra sfortuna) di avere
a disposizione i consulenti personali, come Assostampa regionale e come
Fnsi organizzate più spesso seminari di approfondimento sui vari
argomenti, soprattutto su quelli pratici, non soltanto per i Cdr, ma anche
per i segretari provinciali. Lo dico perché, avendo partecipato
come componente di Cdr ai seminari sul contratto o sugli stati di crisi
organizzati dalla Fnsi o da "imboscata" alla riunione dei freelance
dell'anno scorso in cui un funzionario dell'Inpgi ha spiegato le norme
della gestione separata, li ho trovati utilissimi. E utilissimi e fondamentali
sono stati anche nella contrattazione con l'editore.
Continuo a credere e a ribadire che il sindacato deve essere in grado
di dare risposte pratiche ai colleghi su vertenze, contratto, Inpgi,
Casagit,
Ordine: i siti aiutano molto in proposito - e io ne ho fatto abbondantemente
incetta - ma non bastano. E, come ho detto tante volte, i colleghi si
raggiungono uno a uno, dando risposte concrete a ciascuno.
C'è tantissimo lavoro da fare e tante cose si sarebbero potute fare
meglio. E di questo sono assolutamente consapevole. Pur nella consapevolezza
che il sindacato non ha la bacchetta magica, che in questi mesi avrei tanto
voluto possedere, non per fare miracoli (non ho di queste velleità),
ma per riuscire a dare sempre risposte concrete ai colleghi. Per riuscire
a dare risposte positive ai colleghi. Che non sempre - talvolta sì,
ma probabilmente troppe poche volte, sicuramente non quante avrei voluto
- ho potuto o saputo dare. E di questo mi scuso con tutti voi.
Grazie a tutti.
Maria Ausilia Boemi
Segretario provinciale Assostampa Catania | | | |