UFFICI STAMPA: L’ASSOSTAMPA
SICILIA CHIEDE I DANNI AI BUROCRATI
DEGLI ENTI LOCALI
L’Associazione siciliana della stampa avvierà azioni di
rivalsa in sede civile contro quei dirigenti e funzionari degli Enti
locali che in maniera immotivata e illegittima hanno revocato o negato
l’applicazione del contratto nazionale di lavoro a giornalisti
impegnati negli uffici stampa delle amministrazioni locali sottoposte
al controllo e vigilanza della Regione. (segue)
| | Stato del giornalismo e della libera professione
Documento elaborato dal Gruppo di lavoro Freelance
del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti
Snellire
e delocalizzare. Anche il mondo dell'informazione cede alle logiche industriali
del XXI secolo. Certo i motivi ispiratori
sono in parte diversi e non riconducono solamente ad una ragione economica.
La rivoluzione tecnologica imposta da Internet ha influenzato la natura delle
redazioni e lo farà ancor di più in futuro, così come
probabilmente, nel lungo termine, rivoluzionerà persino il modo
stesso di fare giornalismo, almeno se si considerano tempi e supporti. La
carta, con i suoi lunghi processi di lavorazione non sparirà a
breve, ma certo è che
l'avvento di giornali online, siti, blog e web-tv, la ricondurranno, con
molta probabilità, ad essere quel
fenomeno di nicchia che era agli albori.
Il risultato è che quelle che sino a poco tempo fa erano imponenti
redazioni oggi si stanno trasformando in agili centri direzionali dove,
a chi vi è impiegato, è richiesta
più la capacità di saper cucinare un giornale piuttosto
che di scriverlo. Va da sé che il giornalista,
nel senso di colui che di mestiere scova e racconta una notizia, non è più necessario
che abbia un contratto di dipendenza con il giornale e che sia fisicamente
in redazione, visto che i moderni attrezzi del mestiere consentono di
poter trasmettere il pezzo da qualsiasi posto del mondo senza, salvo rare
eccezioni, grosse difficoltà.
E' per questi motivi che la figura del giornalista freelance nei prossimi
anni diventerà fondamentale per il giornalismo. Ed per questo che
già a partire da oggi L'Ordine
dei giornalisti ha il dovere di proteggere con forza questa sempre più crescente
categoria di professionisti. Perché farlo significherà proteggere
il giornalismo stesso. E questo non vol dire solo pensare a soluzioni di
nuova concezione ma anche, e forse soprattutto, far sì che le norme
vigenti siano effettivamente applicate.
L'articolo 45 della legge n. 69 del 1963 recita che: “Nessuno può assumere
il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto
nell'albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita
a norma degli artt. 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca
un reato più grave”. Ma se oggi andiamo in una qualsiasi
redazione non possiamo fare a meno che notare quanto questo sia disatteso.
Vuoi per l'abuso della figura degli stagisti, vuoi per il sempre crescente
utilizzo di 'penne' non iscritte all'Ordine dei giornalisti.
E ancora, l'articolo 2 della stessa legge, dice che: “E' diritto
insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata
dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui
ed è loro obbligo inderogabile il rispetto
della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti
dalla lealtà e dalla buona fede. Devono
essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali
errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale
sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto
dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione
tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia
tra la stampa e i lettori”. Anche qui le dissonanze
con la realtà della libera professione sono struggenti, soprattutto
nel primo e nell'ultimo comma. Questo perché il giornalismo di
oggi è legato in modo eccessivamente dipendente alla
pubblicità e agli interessi dei propri editori, che spesso sono
imprenditori che trovano in altri settori dell'economia i loro veri interessi.
Da qui, considerando che un giornalista freelance, che non ha accesso a nessun
tipo di contratto, che vede una costante riduzione dei compensi del proprio
lavoro, quando addirittura non sono negati e sicuramente non sono attribuiti
nei tempi previsti dalla legge, può essere ricattabile al punto
di non essere più libero di 'informare e criticare', facendo così venir
meno a quel rapporto di fiducia con i lettori che sta alla base della
professione.
Ma ad essere ancor più ignorata è la Carta dei doveri, e lo è già a
partire dalla sua premessa: “Il rapporto di fiducia tra gli
organi d'informazione e i cittadini è la
base del lavoro di ogni giornalista”. Il documento ricorda poi,
nei suoi principi, che “il
giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione
di tutti i cittadini”,
e che “la responsabilità del giornalista verso i cittadini
prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai
subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore,
del governo o di altri organismi dello Stato”.
Più chiaro ed esplicito di così non si può, come non
si può non essere d'accordo. Il problema è che, ripetendoci,
le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti oggi i giornalisti freelance,
e il continuo abusare di manodopera non iscritta all'Ordine dei giornalisti,
e pertanto non soggetta ai principi e ai dettami deontologici, non fa
altro che disgregare irrimediabilmente quel che l'informazione ha rappresentato
o dovrebbe rappresentare nella società.
Le considerazioni si spingono oltre se si va a indagare più a fondo.
La Carta dei doveri dice infatti che “il giornalista non può accettare
privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia
e la sua credibilità professionale”, e ancora che “il
giornalista accetta indicazioni e
direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata, purché le
disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto
nazionale di lavoro e alla Carta dei doveri”, finendo con: “In
nessun caso il giornalista accetta condizionamenti dalle fonti per la pubblicazione
o la soppressione di una informazione”.
Tutto questo oggi è pura utopia. Il problema delle influenze che
esercitano nelle redazioni, e queste sui freelance, gli uffici stampa
di partiti politici, istituzioni e aziende private, non è certo segreto.
Anzi, oggi questa dinamica è palese e, ancor più grave, considerata
un componente di routine nella costruzione di un prodotto editoriale.
Non a caso, le intromissioni e le continue collaborazioni tra redazione
e uffici marketing/pubblicità delle case editrici rasentano
il ridicolo.
E dire che la carta dei doveri, proprio al riguardo, asserisce che “i
cittadini hanno il diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre
distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei
singoli”, specificando che “i messaggi pubblicitari
devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici
attraverso chiare indicazioni”.
Non solo perché, continua il documento, “il giornalista è tenuto
all'osservanza dei principi fissati dal Protocollo d'intesa sulla trasparenza
dell'informazione e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico; deve
sempre rendere riconoscibile l'informazione pubblicitaria e deve comunque
porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal
messaggio promozionale”.
Di fronte a questo, e ragionando per assurdo, il giornalismo, il giornalista
e il lettore dovrebbero sentirsi ben più che protetti. Invece no,
la realtà ci racconta
un'altra storia e la racconta ancor di più al giornalista freelance,
spesso talmente sottopagato e talmente ricattabile da essere costretto a
scordarsi di avere anche dei doveri.
E allora, per sopravvivere, o per arricchirsi, il giornalista inizia ad
ignorare che “il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese,
elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni
o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo
lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e
dignità professionale”.
A volte lo fa per necessità, basta pensare ad un giornalista freelance
che si occupa di turismo e che ogni volta che consegna un reportage di
viaggio non si vede rimborsate le spese dalla redazione. Certo è che
poi, da invitati, tutti i resort diventano belli e accoglienti, costringendo
il lettore tradito a cercare la critica vera nei vari blog dei turisti
offerti dalla rete.
A tal proposito è bene ricordare che la Carta dei diritti stilata
dalla International Federation of Journalist al suo articolo 2 dice che: “Ogni
freelance dovrebbe beneficiare dei medesimi diritti professionali di un
lavoratore dipendente, degli stessi diritti a reperire le informazioni, proteggere
le fonti e difendere le norme etiche”.
Tornando invece alla nostra Carta dei doveri, e toccando un altro particolare
della professione, emerge che: “Il giornalista non assume incarichi
e responsabilità in
contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare
il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili
con la tutela dell'autonomia professionale”.
Anche qui le cose stanno un po' diversamente da come dovrebbero essere.
E' il caso di freelance che incaricati di occuparsi di uffici stampa,
pubblici e privati, che talvolta, in pieno conflitto d'interesse, al lancio
del loro comunicato fanno seguire pure un pezzo per qualche giornale.
O, come accade sovente nel mondo della moda, ma questo avviene soprattutto
tra i contrattualizzati, realizzano cartelle stampa profumatamente pagate
con il tacito accordo di ben recensire una sfilata.
Visto ciò, e con tono volutamente provocatorio, tra le parti più disattese
della Carta dei doveri, quelle riferibili alle materie economiche, sono
quelle più giustificabili.
Il documento in materia dice che il giornalista “...non può subordinare
in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche
o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza, non può turbare
inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e circostanze riferibili
al proprio
tornaconto”, e ancora che “il giornalista non può scrivere
articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia
direttamente o indirettamente un interesse finanziario, né può vendere
o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o
debba occuparsi a breve termine”. La crisi finanziaria che ha colpito
tutto il mondo e che per assurdo alla fine è stata
pagata a caro prezzo anche dai giornali non può far altro che alimentare
il sospetto che queste direttive non siano state pienamente rispettate.
Ora, visto e considerato quanto scritto finora, non resta che interrogarsi
sul come l'Ordine dei giornalisti possa tutelare il giornalismo e i
giornalisti da tutto questo. Soprattutto partendo dalla condizione
dei freelance,
ribadendo come questa sarà la professione
del futuro. Oggi la Legge n. 63 del 1969, nel suo titolo III, Della disciplina
degli iscritti, dedica agli articoli che vanno dal 51 al 55, una serie
di sanzioni disciplinari, che però oggi paiono insufficienti,
sia per importanza che per metodo. Dunque la necessità è duplice.
In primo luogo forse andrebbero riviste e potenziate le sanzioni stesse,
ma in secondo luogo, è assolutamente imperativo che
l'Ordine dei giornalisti si faccia promotore di iniziative volte al miglioramento
della qualità di
vita, e con queste intendiamo il rispetto delle regole da parte degli
editori. Perché non è più possibile
credere che quegli aspetti della professione che per tradizione sono delegati
all'attività sindacale
non interessino in prima persona la deontologia e la qualità del
giornalismo stesso. Definizione di giornalista freelance
Premessa:
Il giornalista libero professionista (freelance) è una figura
essenziale del sistema dei media. E’ iscritto all’Ordine
dei giornalisti - Lavora in modo autonomo e indipendente - Propone e/o
realizza
articoli, servizi, interviste, inchieste per quotidiani, periodici, siti
internet, radio e televisioni - Rispetta le regole etiche e deontologiche
della professione.
Definizione:
Viene definito freelance il giornalista professionista che esercita
la professione in modo esclusivo e in forma autonoma, indipendente
e senza avere rapporti di lavoro subordinato. E' definito freelance
anche il giornalista pubblicista che esercita la professione in modo
prevalente (pari cioè a oltre la metà del reddito derivante
da lavoro) senza che abbia alcun genere di rapporti di lavoro giornalistico
subordinato. Il giornalista freelance è iscritto
alla Gestione Separata dell'Inpgi e opera nel rispetto dei principi
costituzionali di libertà di espressione, di pluralismo
e delle norme giuridiche e deontologiche previste per la professione
giornalistica.
Richiesta istituzione elenco freelance
Il giornalista freelance necessita, ora più che mai, di riuscire
a delineare esattamente la propria identità e di rafforzare
la sua appartenenza alle Istituzioni preposte alla tutela, alla rappresentanza,
all’accrescimento
professionale, alla previdenza sociale. Non basta essere iscritto all’Ordine
regionale nell’elenco dei pubblicisti o dei professionisti, sarebbe
utile, anzi indispensabile creare un elenco dei freelance, non ufficiale,
in cui inserire i giornalisti che presentino una autocertificazione
in
cui attestino sotto la loro responsabilità che hanno i titoli
per essere inseriti in questa particolare categoria. Titoli
chiaramente spiegati nella definizione di freelance che si propone.
Indispensabileè infatti portare chiarezza sulle varie
figure di giornalista che si stanno diffondendo nel mondo dei
media. Il freelance ha una connotazione precisa ben diversa dal collaboratore
occasionale che svolge il suo principale lavoro in altri settori.
La proposta comprende
anche un esempio di scheda
da compilare. Naturalmente questo progetto dovrà essere condiviso
dagli Ordini regionali, ma nulla vieta che si cominci partendo
dall’Ordine nazionale che potrebbe anche
istituire un elenco telematico sul sito nazionale. Successivamente
se il progetto riuscirà a
prendere corpo sarà possibile anche richiedere un breve
curriculum da inserire nel sito. L’elenco a
questo punto si potrebbe suddividere per settori di appartenenza.
Sarebbe interessante prendere contatti anche con la Fieg per
capire se una iniziativa di questo genere potrebbe essere utile anche
all’editoria.
Richiesta
di aggiornamento di un tariffario
Le prime parole della Costituzione italiana
dicono che “L'Italia è una
Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. E dato
che il lavoro occupa un ruolo così importante
nell'economia della società, l'articolo 36 recita che: “Il
lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e
qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente
ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera
e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita
dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi”.
Ora, partendo dal presupposto che chiunque produca un reddito sia
un lavoratore, giornalisti freelance compresi, è bene che
il diritto ad una giusta retribuzione sia garantito a tutti. E' per
questo motivo che si chiede all'Ordine dei giornalisti di farsi
carico di un'iniziativa che abbia proprio lo scopo di tutelare
quei suoi iscritti che non sono tutelati da un contratto. Fissare un
tariffario, magari legandolo alle oscillazioni del costo della
vita elaborato da Istat, non è più una
questione puramente sindacale, ma diviene anche una forma di
protezione verso quel principio, deontologico, di reciproco
rispetto tra giornalismo e lettore. Garantire un'esistenza libera e
dignitosa significa migliorare la qualità dell'informazione.
E beninteso, così facendo,
non si sta chiedendo di tutelare i giornalisti freelance, quello è un
compito che continuerà ad
essere affidato al sindacato, ma di tutelare il giornalismo stesso. La questione dell'antitrust
Come ben sappiamo per l'Autorità garante
della concorrenza e del mercato l'esistenza di un tariffario
di compensi minimi non fa altro che condurre ad una restrizione della
libera concorrenza. La legge Bersani n. 248/2006, per quanto
buona possa essere in campo economico o in altri campi professionali
se considerata nel mondo del giornalismo ha il grosso limite della superficialità.
Lo ha perché in primo luogo si convince che il tariffario nel giornalismo
possa influenzare direttamente il libero mercato a discapito
dei cittadini, cosa non vera perché i prezzi
dei giornali sono fissati secondo altri parametri. Secondo
perché non considera che i giornalisti
freelance non offrono la propria professionalità direttamente
all'utente finale, ma bensì ad
un'impresa. Terzo perché considera il giornalismo come
un qualsiasi bene di consumo quando invece non solo non lo è,
maè un errore imperdonabile considerarlo tale.
Quello che la legge Bersani ha ignorato è che il giornalismo non
si valuta in quantità economica, ma in qualità,
ovvero: veridicità dei fatti, integrità morale
e, soprattutto, rispetto per il lettore. Non a caso esistono
un Ordine dei giornalisti e una Carta dei doveri del giornalista.
Ma tutto ciò non interessa la 248/2006 che di fatto,
in nome di una presunta libertà di
mercato, cancella indirettamente tutti i principi fondamentali
della professione aprendo di fatto la strada ad un giornalismo
che tale non sarà più, piegato oltremodo a logiche
di marketing e di interessi particolari e andando così a
ledere la tutela e il rispetto per i consumatori, cioè di
coloro che, ironia della sorte, la legge stessa vorrebbe difendere.
Fortunatamente in materia è intervenuta la Corte di cassazione
che con la sentenza n. 11011 del 13 maggio 2009 dice che il compenso
del giornalista freelance non può essere
stabilito in modo arbitrario dall'editore, ma deve essere
frutto di un accordo, e se così non
fosse saranno applicate le tariffe professionali stabilite
dall'Ordine dei Giornalisti. Secondo la giurisprudenza quindi il
compenso da lavoro autonomo del giornalista va effettuato secondo
i criteri
fissati dall’art. 2233 del codice civile (che disciplina
i compensi spettanti ai prestatori d’opera
intellettuale, quali sono i giornalisti): dunque in primo
luogo va determinato sulla base di un accordo tra le parti (non può essere
fissato quindi in modo arbitrario dall’azienda) quindi, in
secondo luogo, se non c’è l’accordo, il
giornalista va pagato sulla base delle tariffe professionali vigenti.
Ora non resta che spingere lo stesso Ordine dei giornalisti ad intervenire
in questa direzione, partendo dal presupposto che la Commissione
cultura della Camera dei Deputati ha iniziato a discutere
alcune modifiche della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti,
la n. 69 del 1963 che non prevedono però nessun riferimento
alle tariffe minime, cosa che invece e tanto per fare un esempio,
gli avvocati hanno discusso e potrebbero invece riottenere a breve.
Deontologia e questione europea
La questione della tutela dei freelance non è solo italiana. La
crisi che sta colpendo il settore miete vittime in tutta Europa.
Certo, in Italia la cosa assume connotati peggiori perché già prima
si partiva con un grosso handicap rispetto a quanto succede altrove.
Detto ciò,
e considerando che il rispetto della deontologia professionale è un
qualcosa che interessa il giornalismo di ogni dove, abbiamo
chiesto un parere alla Commissione europea. Il punto di partenza è quello
ormai noto in queste pagine. Al commissario europeo per media
e informazione Viviane Reding abbiamo chiesto la possibilità di
supportare un progetto o uno studio diretto alla concessione su scala
comunitaria di un tariffario per i giornalisti freelance,
ovviamente con parametro sul costo della vita dei singoli paesi.
La risposta, per mano di Rudolf Strohmeier, capo di gabinetto del
commissario, purtroppo nonè stata incoraggiante, ma
solamente perché questo genere di competenze
sono a carico delle singole nazioni. Ma ciò non toglie
che l'Ordine non possa intervenire attraverso gli europarlamentari.
Deontologia e 'Codice etico per gli editori'
Finora si è discusso di quali sono i doveri dei giornalisti e si è parlato
di cosa possono e non possono fare. Nulla però si è detto
su quali devono essere i doveri di un editore. A nostro parere
l'Ordine dei giornalisti dovrebbe attivarsi perché anche
agli editori vengano imposti per legge dei doveri ben precisi.
Siamo
convinti che istituendo una sorte di garante, o una commissione
ad hoc, molti dei problemi che affliggono la professione,
soprattutto dal punto di vista dei freelance, si risolverebbero
in breve tempo. Quello che l'Ordine dovrebbe chiedere a Governo
e Parlamento,è che finanziamenti e agevolazioni in
essere per le società editrici siano
erogate solo ed esclusivamente se l'editore è in
perfetta regola con tutti quelli che sono i normali rapporti di
lavoro con dipendenti e, soprattutto liberi professionisti.
Ossia, che non abusino di stagisti, di manodopera non iscritta
all'ordine, che paghino il giusto e nei tempi giusti i propri collaboratori,
che paghino inpgi e inpgi2 nei tempi e nei modi previsti, che non abbiano in
corso cause di lavoro, di mobbing e che non siano coinvolti
in procedimenti legati a commistioni pubblicitarie o di false informazioni.
Siamo convinti che se tutto questo fosse rispettato, non solo ci
sarebbero freelance in grado di poter svolgere con dignità la
loro professione, ma ci sarebbe un giornalismo decisamente migliore.
Comportamento etico tra contrattualizzati e freelance
Uno dei tanti compiti dell’Ordine dei giornalisti è quello
di vigilare sul comportamento etico tra i colleghi giornalisti come
recita l’ultima parte dell’Art. 2 della
legge istitutiva dell’Ordine: “...Giornalisti
ed editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale
sulla
fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto
dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di
collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti
e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.
Parole che non trovano grande applicazione nelle redazioni dove,
per i più svariati
motivi, i freelance non sono quasi mai difesi dai colleghi
contrattualizzati con cui hanno rapporti di lavoro, ne
tanto meno dai capiredattori o dai direttori. Per esempio una
componente essenziale del lavoro indipendente è la
formulazione di proposte: sono l’essenza della
libera professione. Sarebbe opportuno che i capiredattori
e i capiservizio si impegnassero ad approvarle o a rifiutarle
entro un
periodo fisso e a evitare, come purtroppo spesso accade, di farle
proprie. Si chiede all'Ordine dei giornalisti che si attivi
perché ci sia più rispetto tra colleghi.
Nel caso frequente di riduzioni di compensi (tra l'altro
illegittimi), pagamenti mancati, pezzi accettati e mai pubblicati
(quindi nemmeno pagati), siano aiutati dai loro colleghi
contrattualizzati, spesso distratti o indifferenti a queste problematiche
che rendono difficile il lavoro dei freelance.
(documento
presentato al Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti del 24, 25
e 26 marzo 2010) GRUPPO DI LAVORO FREELANCE
Coordinatrice: |
Nicoletta Morabito (consigliere nazionale)
|
Componenti: |
Remo Pecorara (consigliere nazionale)
Andrea Merkù (consigliere nazionale)
Fabio Gibellino (giornalista freelance professionista)
Silvia Ognibene (giornalista freelance professionista) |
Allegato: Scheda registrazione Freelance |
|
Assostampa
Romana
pubblica una guida
per il giornalista freelance
"Giornalista
fai da te, vademecum per il lavoro autonomo e parasubordinato" è il
nome della pubblicazione realizzata dalla Consulta Feeelance dell'Associazione
Stampa Romana a cura di Natalia Marra e Maria Giovanna Faiella.
E' una vera e propria guida che fornisce chiarimenti e risposte a tantissimi
problemi "pratici" che riguardano i freelance.(segue)
Lettera aperta ai direttori e CdR delle
testate siciliane sul lavoro giornalistico precario
Questa lettera denuncia l’umiliante e vergognosa situazione professionale
in cui sono costretti a vivere i giornalisti precari, comunque chiamati:
collaboratori esterni, lavoratori autonomi o “freelance”.
I luoghi dove le aziende editrici riescono ad imporre questa situazione
di sfruttamento e mortificazione della dignità dei lavoratori sono
le redazioni dei giornali.(segue)
Uffici
stampa pubblici: tre aspetti che riguardano la precarietà nel
lavoro giornalistico
Esaminando le problematiche che riguardano gli uffici stampa ed il lavoro
giornalistico precario emergono tre aspetti di rilievo: i casi di elusione dell'incompatibilità di
legge; la possibilità per i lavoratori
autonomi di una deroga al divieto di commistione; la formulazione dei bandi
di selezione.(segue)
Sulle
modalità di accesso
alla professione: apprendistato, scuole di giornalismo e numero chiuso
La riforma dell'apprendistato, attraverso la formulazione del Testo Unico
recentemente modificato dalla Conferenza Stato-regioni e sottoposto alle
parti sociali, sarà esaminata in autunno dalle commissioni parlamentari
prima del varo definitivo da parte del Consiglio dei ministri. In particolare
l'art. 5 del Testo Unico disciplina l' "Apprendistato di alta formazione
e ricerca" con cui possono essere assunti in tutti i settori di attività pubblici
o privati soggetti di età compresa tra i 18 e 29 anni anche per
il conseguimento di titoli di studio universitari o per il praticantato
previsto per l'accesso alle professioni ordinistiche.(segue)
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