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UFFICI STAMPA: L’ASSOSTAMPA SICILIA CHIEDE I DANNI AI BUROCRATI
DEGLI ENTI LOCALI

L’Associazione siciliana della stampa avvierà azioni di rivalsa in sede civile contro quei dirigenti e funzionari degli Enti locali che in maniera immotivata e illegittima hanno revocato o negato l’applicazione del contratto nazionale di lavoro a giornalisti impegnati negli uffici stampa delle amministrazioni locali sottoposte al controllo e vigilanza della Regione. (segue)

 

Stato del giornalismo e della libera professione
Documento elaborato dal Gruppo di lavoro Freelance
del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti

Snellire e delocalizzare. Anche il mondo dell'informazione cede alle logiche industriali del XXI secolo. Certo i motivi ispiratori sono in parte diversi e non riconducono solamente ad una ragione economica. La rivoluzione tecnologica imposta da Internet ha influenzato la natura delle redazioni e lo farà ancor di più in futuro, così come probabilmente, nel lungo termine, rivoluzionerà persino il modo stesso di fare giornalismo, almeno se si considerano tempi e supporti. La carta, con i suoi lunghi processi di lavorazione non sparirà a breve, ma certo è che l'avvento di giornali online, siti, blog e web-tv, la ricondurranno, con molta probabilità, ad essere quel fenomeno di nicchia che era agli albori.
Il risultato è che quelle che sino a poco tempo fa erano imponenti redazioni oggi si stanno trasformando in agili centri direzionali dove, a chi vi è impiegato, è richiesta più la capacità di saper cucinare un giornale piuttosto che di scriverlo. Va da sé che il giornalista, nel senso di colui che di mestiere scova e racconta una notizia, non è più necessario che abbia un contratto di dipendenza con il giornale e che sia fisicamente in redazione, visto che i moderni attrezzi del mestiere consentono di poter trasmettere il pezzo da qualsiasi posto del mondo senza, salvo rare eccezioni, grosse difficoltà.
E' per questi motivi che la figura del giornalista freelance nei prossimi anni diventerà fondamentale per il giornalismo. Ed per questo che già a partire da oggi L'Ordine dei giornalisti ha il dovere di proteggere con forza questa sempre più crescente categoria di professionisti. Perché farlo significherà proteggere il giornalismo stesso. E questo non vol dire solo pensare a soluzioni di nuova concezione ma anche, e forse soprattutto, far sì che le norme vigenti siano effettivamente applicate.

L'articolo 45 della legge n. 69 del 1963 recita che: “Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli artt. 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca un reato più grave”. Ma se oggi andiamo in una qualsiasi redazione non possiamo fare a meno che notare quanto questo sia disatteso. Vuoi per l'abuso della figura degli stagisti, vuoi per il sempre crescente utilizzo di 'penne' non iscritte all'Ordine dei giornalisti.
E ancora, l'articolo 2 della stessa legge, dice che: “E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”. Anche qui le dissonanze con la realtà della libera professione sono struggenti, soprattutto nel primo e nell'ultimo comma. Questo perché il giornalismo di oggi è legato in modo eccessivamente dipendente alla pubblicità e agli interessi dei propri editori, che spesso sono imprenditori che trovano in altri settori dell'economia i loro veri interessi. Da qui, considerando che un giornalista freelance, che non ha accesso a nessun tipo di contratto, che vede una costante riduzione dei compensi del proprio lavoro, quando addirittura non sono negati e sicuramente non sono attribuiti nei tempi previsti dalla legge, può essere ricattabile al punto di non essere più libero di 'informare e criticare', facendo così venir meno a quel rapporto di fiducia con i lettori che sta alla base della professione.
Ma ad essere ancor più ignorata è la Carta dei doveri, e lo è già a partire dalla sua premessa: “Il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista”. Il documento ricorda poi, nei suoi principi, che “il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini”, e che “la responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato”.
Più chiaro ed esplicito di così non si può, come non si può non essere d'accordo. Il problema è che, ripetendoci, le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti oggi i giornalisti freelance, e il continuo abusare di manodopera non iscritta all'Ordine dei giornalisti, e pertanto non soggetta ai principi e ai dettami deontologici, non fa altro che disgregare irrimediabilmente quel che l'informazione ha rappresentato o dovrebbe rappresentare nella società.
Le considerazioni si spingono oltre se si va a indagare più a fondo. La Carta dei doveri dice infatti che “il giornalista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”, e ancora che “il giornalista accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla Carta dei doveri”, finendo con: “In nessun caso il giornalista accetta condizionamenti dalle fonti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione”.
Tutto questo oggi è pura utopia. Il problema delle influenze che esercitano nelle redazioni, e queste sui freelance, gli uffici stampa di partiti politici, istituzioni e aziende private, non è certo segreto.
Anzi, oggi questa dinamica è palese e, ancor più grave, considerata un componente di routine nella costruzione di un prodotto editoriale. Non a caso, le intromissioni e le continue collaborazioni tra redazione e uffici marketing/pubblicità delle case editrici rasentano il ridicolo.
E dire che la carta dei doveri, proprio al riguardo, asserisce che “i cittadini hanno il diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli”, specificando che “i messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni”. Non solo perché, continua il documento, “il giornalista è tenuto all'osservanza dei principi fissati dal Protocollo d'intesa sulla trasparenza dell'informazione e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico; deve sempre rendere riconoscibile l'informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale”.
Di fronte a questo, e ragionando per assurdo, il giornalismo, il giornalista e il lettore dovrebbero sentirsi ben più che protetti. Invece no, la realtà ci racconta un'altra storia e la racconta ancor di più al giornalista freelance, spesso talmente sottopagato e talmente ricattabile da essere costretto a scordarsi di avere anche dei doveri.
E allora, per sopravvivere, o per arricchirsi, il giornalista inizia ad ignorare che “il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale”. A volte lo fa per necessità, basta pensare ad un giornalista freelance che si occupa di turismo e che ogni volta che consegna un reportage di viaggio non si vede rimborsate le spese dalla redazione. Certo è che poi, da invitati, tutti i resort diventano belli e accoglienti, costringendo il lettore tradito a cercare la critica vera nei vari blog dei turisti offerti dalla rete.
A tal proposito è bene ricordare che la Carta dei diritti stilata dalla International Federation of Journalist al suo articolo 2 dice che: “Ogni freelance dovrebbe beneficiare dei medesimi diritti professionali di un lavoratore dipendente, degli stessi diritti a reperire le informazioni, proteggere le fonti e difendere le norme etiche”.
Tornando invece alla nostra Carta dei doveri, e toccando un altro particolare della professione, emerge che: “Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale”. Anche qui le cose stanno un po' diversamente da come dovrebbero essere. E' il caso di freelance che incaricati di occuparsi di uffici stampa, pubblici e privati, che talvolta, in pieno conflitto d'interesse, al lancio del loro comunicato fanno seguire pure un pezzo per qualche giornale. O, come accade sovente nel mondo della moda, ma questo avviene soprattutto tra i contrattualizzati, realizzano cartelle stampa profumatamente pagate con il tacito accordo di ben recensire una sfilata.
Visto ciò, e con tono volutamente provocatorio, tra le parti più disattese della Carta dei doveri, quelle riferibili alle materie economiche, sono quelle più giustificabili. Il documento in materia dice che il giornalista “...non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza, non può turbare inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e circostanze riferibili al proprio tornaconto”, e ancora che “il giornalista non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, né può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o debba occuparsi a breve termine”. La crisi finanziaria che ha colpito tutto il mondo e che per assurdo alla fine è stata pagata a caro prezzo anche dai giornali non può far altro che alimentare il sospetto che queste direttive non siano state pienamente rispettate.


Ora, visto e considerato quanto scritto finora, non resta che interrogarsi sul come l'Ordine dei giornalisti possa tutelare il giornalismo e i giornalisti da tutto questo. Soprattutto partendo dalla condizione dei freelance, ribadendo come questa sarà la professione del futuro. Oggi la Legge n. 63 del 1969, nel suo titolo III, Della disciplina degli iscritti, dedica agli articoli che vanno dal 51 al 55, una serie di sanzioni disciplinari, che però oggi paiono insufficienti, sia per importanza che per metodo. Dunque la necessità è duplice. In primo luogo forse andrebbero riviste e potenziate le sanzioni stesse, ma in secondo luogo, è assolutamente imperativo che l'Ordine dei giornalisti si faccia promotore di iniziative volte al miglioramento della qualità di vita, e con queste intendiamo il rispetto delle regole da parte degli editori. Perché non è più possibile credere che quegli aspetti della professione che per tradizione sono delegati all'attività sindacale non interessino in prima persona la deontologia e la qualità del giornalismo stesso.

Definizione di giornalista freelance
Premessa: Il giornalista libero professionista (freelance) è una figura essenziale del sistema dei media. E’ iscritto all’Ordine dei giornalisti - Lavora in modo autonomo e indipendente - Propone e/o realizza articoli, servizi, interviste, inchieste per quotidiani, periodici, siti internet, radio e televisioni - Rispetta le regole etiche e deontologiche della professione.

Definizione:
Viene definito freelance il giornalista professionista che esercita la professione in modo esclusivo e in forma autonoma, indipendente e senza avere rapporti di lavoro subordinato. E' definito freelance anche il giornalista pubblicista che esercita la professione in modo prevalente (pari cioè a oltre la metà del reddito derivante da lavoro) senza che abbia alcun genere di rapporti di lavoro giornalistico subordinato. Il giornalista freelance è iscritto alla Gestione Separata dell'Inpgi e opera nel rispetto dei principi costituzionali di libertà di espressione, di pluralismo e delle norme giuridiche e deontologiche previste per la professione giornalistica.

Richiesta istituzione elenco freelance
Il giornalista freelance necessita, ora più che mai, di riuscire a delineare esattamente la propria identità e di rafforzare la sua appartenenza alle Istituzioni preposte alla tutela, alla rappresentanza, all’accrescimento professionale, alla previdenza sociale. Non basta essere iscritto all’Ordine regionale nell’elenco dei pubblicisti o dei professionisti, sarebbe utile, anzi indispensabile creare un elenco dei freelance, non ufficiale, in cui inserire i giornalisti che presentino una autocertificazione in cui attestino sotto la loro responsabilità che hanno i titoli per essere inseriti in questa particolare categoria. Titoli chiaramente spiegati nella definizione di freelance che si propone. Indispensabileè infatti portare chiarezza sulle varie figure di giornalista che si stanno diffondendo nel mondo dei media. Il freelance ha una connotazione precisa ben diversa dal collaboratore occasionale che svolge il suo principale lavoro in altri settori. La proposta comprende anche un esempio di scheda
da compilare. Naturalmente questo progetto dovrà essere condiviso dagli Ordini regionali, ma nulla vieta che si cominci partendo dall’Ordine nazionale che potrebbe anche istituire un elenco telematico sul sito nazionale. Successivamente se il progetto riuscirà a prendere corpo sarà possibile anche richiedere un breve curriculum da inserire nel sito. L’elenco a questo punto si potrebbe suddividere per settori di appartenenza. Sarebbe interessante prendere contatti anche con la Fieg per capire se una iniziativa di questo genere potrebbe essere utile anche all’editoria.

Richiesta di aggiornamento di un tariffario
Le prime parole della Costituzione italiana dicono che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. E dato che il lavoro occupa un ruolo così importante nell'economia della società, l'articolo 36 recita che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
Ora, partendo dal presupposto che chiunque produca un reddito sia un lavoratore, giornalisti freelance compresi, è bene che il diritto ad una giusta retribuzione sia garantito a tutti. E' per questo motivo che si chiede all'Ordine dei giornalisti di farsi carico di un'iniziativa che abbia proprio lo scopo di tutelare quei suoi iscritti che non sono tutelati da un contratto. Fissare un tariffario, magari legandolo alle oscillazioni del costo della vita elaborato da Istat, non è più una questione puramente sindacale, ma diviene anche una forma di protezione verso quel principio, deontologico, di reciproco rispetto tra giornalismo e lettore. Garantire un'esistenza libera e dignitosa significa migliorare la qualità dell'informazione. E beninteso, così facendo, non si sta chiedendo di tutelare i giornalisti freelance, quello è un compito che continuerà ad essere affidato al sindacato, ma di tutelare il giornalismo stesso.

La questione dell'antitrust
Come ben sappiamo per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato l'esistenza di un tariffario di compensi minimi non fa altro che condurre ad una restrizione della libera concorrenza. La legge Bersani n. 248/2006, per quanto buona possa essere in campo economico o in altri campi professionali se considerata nel mondo del giornalismo ha il grosso limite della superficialità. Lo ha perché in primo luogo si convince che il tariffario nel giornalismo possa influenzare direttamente il libero mercato a discapito dei cittadini, cosa non vera perché i prezzi dei giornali sono fissati secondo altri parametri. Secondo perché non considera che i giornalisti freelance non offrono la propria professionalità direttamente all'utente finale, ma bensì ad un'impresa. Terzo perché considera il giornalismo come un qualsiasi bene di consumo quando invece non solo non lo è, maè un errore imperdonabile considerarlo tale.
Quello che la legge Bersani ha ignorato è che il giornalismo non si valuta in quantità economica, ma in qualità, ovvero: veridicità dei fatti, integrità morale e, soprattutto, rispetto per il lettore. Non a caso esistono un Ordine dei giornalisti e una Carta dei doveri del giornalista. Ma tutto ciò non interessa la 248/2006 che di fatto, in nome di una presunta libertà di mercato, cancella indirettamente tutti i principi fondamentali della professione aprendo di fatto la strada ad un giornalismo che tale non sarà più, piegato oltremodo a logiche di marketing e di interessi particolari e andando così a ledere la tutela e il rispetto per i consumatori, cioè di coloro che, ironia della sorte, la legge stessa vorrebbe difendere.
Fortunatamente in materia è intervenuta la Corte di cassazione che con la sentenza n. 11011 del 13 maggio 2009 dice che il compenso del giornalista freelance non può essere stabilito in modo arbitrario dall'editore, ma deve essere frutto di un accordo, e se così non fosse saranno applicate le tariffe professionali stabilite dall'Ordine dei Giornalisti. Secondo la giurisprudenza quindi il compenso da lavoro autonomo del giornalista va effettuato secondo i criteri fissati dall’art. 2233 del codice civile (che disciplina i compensi spettanti ai prestatori d’opera intellettuale, quali sono i giornalisti): dunque in primo luogo va determinato sulla base di un accordo tra le parti (non può essere fissato quindi in modo arbitrario dall’azienda) quindi, in secondo luogo, se non c’è l’accordo, il giornalista va pagato sulla base delle tariffe professionali vigenti.
Ora non resta che spingere lo stesso Ordine dei giornalisti ad intervenire in questa direzione, partendo dal presupposto che la Commissione cultura della Camera dei Deputati ha iniziato a discutere alcune modifiche della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, la n. 69 del 1963 che non prevedono però nessun riferimento alle tariffe minime, cosa che invece e tanto per fare un esempio, gli avvocati hanno discusso e potrebbero invece riottenere a breve.

Deontologia e questione europea
La questione della tutela dei freelance non è solo italiana. La crisi che sta colpendo il settore miete vittime in tutta Europa. Certo, in Italia la cosa assume connotati peggiori perché già prima si partiva con un grosso handicap rispetto a quanto succede altrove. Detto ciò, e considerando che il rispetto della deontologia professionale è un qualcosa che interessa il giornalismo di ogni dove, abbiamo chiesto un parere alla Commissione europea. Il punto di partenza è quello ormai noto in queste pagine. Al commissario europeo per media e informazione Viviane Reding abbiamo chiesto la possibilità di supportare un progetto o uno studio diretto alla concessione su scala comunitaria di un tariffario per i giornalisti freelance, ovviamente con parametro sul costo della vita dei singoli paesi.
La risposta, per mano di Rudolf Strohmeier, capo di gabinetto del commissario, purtroppo nonè stata incoraggiante, ma solamente perché questo genere di competenze sono a carico delle singole nazioni. Ma ciò non toglie che l'Ordine non possa intervenire attraverso gli europarlamentari.

Deontologia e 'Codice etico per gli editori'
Finora si è discusso di quali sono i doveri dei giornalisti e si è parlato di cosa possono e non possono fare. Nulla però si è detto su quali devono essere i doveri di un editore. A nostro parere l'Ordine dei giornalisti dovrebbe attivarsi perché anche agli editori vengano imposti per legge dei doveri ben precisi. Siamo convinti che istituendo una sorte di garante, o una commissione ad hoc, molti dei problemi che affliggono la professione, soprattutto dal punto di vista dei freelance, si risolverebbero in breve tempo. Quello che l'Ordine dovrebbe chiedere a Governo e Parlamento,è che finanziamenti e agevolazioni in essere per le società editrici siano erogate solo ed esclusivamente se l'editore è in perfetta regola con tutti quelli che sono i normali rapporti di lavoro con dipendenti e, soprattutto liberi professionisti. Ossia, che non abusino di stagisti, di manodopera non iscritta all'ordine, che paghino il giusto e nei tempi giusti i propri collaboratori, che paghino inpgi e inpgi2 nei tempi e nei modi previsti, che non abbiano in corso cause di lavoro, di mobbing e che non siano coinvolti in procedimenti legati a commistioni pubblicitarie o di false informazioni.
Siamo convinti che se tutto questo fosse rispettato, non solo ci sarebbero freelance in grado di poter svolgere con dignità la loro professione, ma ci sarebbe un giornalismo decisamente migliore.

Comportamento etico tra contrattualizzati e freelance
Uno dei tanti compiti dell’Ordine dei giornalisti è quello di vigilare sul comportamento etico tra i colleghi giornalisti come recita l’ultima parte dell’Art. 2 della legge istitutiva dell’Ordine: “...Giornalisti ed editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.
Parole che non trovano grande applicazione nelle redazioni dove, per i più svariati motivi, i freelance non sono quasi mai difesi dai colleghi contrattualizzati con cui hanno rapporti di lavoro, ne tanto meno dai capiredattori o dai direttori. Per esempio una componente essenziale del lavoro indipendente è la formulazione di proposte: sono l’essenza della libera professione. Sarebbe opportuno che i capiredattori e i capiservizio si impegnassero ad approvarle o a rifiutarle entro un
periodo fisso e a evitare, come purtroppo spesso accade, di farle proprie. Si chiede all'Ordine dei giornalisti che si attivi perché ci sia più rispetto tra colleghi. Nel caso frequente di riduzioni di compensi (tra l'altro illegittimi), pagamenti mancati, pezzi accettati e mai pubblicati (quindi nemmeno pagati), siano aiutati dai loro colleghi contrattualizzati, spesso distratti o indifferenti a queste problematiche che rendono difficile il lavoro dei freelance.

(documento presentato al Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti del 24, 25 e 26 marzo 2010)

GRUPPO DI LAVORO FREELANCE

Coordinatrice: Nicoletta Morabito (consigliere nazionale)
Componenti: Remo Pecorara (consigliere nazionale)
Andrea Merkù (consigliere nazionale)
Fabio Gibellino (giornalista freelance professionista)
Silvia Ognibene (giornalista freelance professionista)

Allegato: Scheda registrazione Freelance

 


Assostampa Romana
pubblica una guida
per il giornalista freelance

"Giornalista fai da te, vademecum per il lavoro autonomo e parasubordinato" è il nome della pubblicazione realizzata dalla Consulta Feeelance dell'Associazione Stampa Romana a cura di Natalia Marra e Maria Giovanna Faiella.
E' una vera e propria guida che fornisce chiarimenti e risposte a tantissimi problemi "pratici" che riguardano i freelance.(segue)

Lettera aperta ai direttori e CdR delle testate siciliane sul lavoro giornalistico precario
Questa lettera denuncia l’umiliante e vergognosa situazione professionale in cui sono costretti a vivere i giornalisti precari, comunque chiamati: collaboratori esterni, lavoratori autonomi o “freelance”.
I luoghi dove le aziende editrici riescono ad imporre questa situazione di sfruttamento e mortificazione della dignità dei lavoratori sono le redazioni dei giornali.(segue)

Uffici stampa pubblici: tre aspetti che riguardano la precarietà nel lavoro giornalistico
Esaminando le problematiche che riguardano gli uffici stampa ed il lavoro giornalistico precario emergono tre aspetti di rilievo: i casi di elusione dell'incompatibilità di legge; la possibilità per i lavoratori autonomi di una deroga al divieto di commistione; la formulazione dei bandi di selezione.(segue)

Sulle modalità di accesso alla professione: apprendistato, scuole di giornalismo e numero chiuso
La riforma dell'apprendistato, attraverso la formulazione del Testo Unico recentemente modificato dalla Conferenza Stato-regioni e sottoposto alle parti sociali, sarà esaminata in autunno dalle commissioni parlamentari prima del varo definitivo da parte del Consiglio dei ministri. In particolare l'art. 5 del Testo Unico disciplina l' "Apprendistato di alta formazione e ricerca" con cui possono essere assunti in tutti i settori di attività pubblici o privati soggetti di età compresa tra i 18 e 29 anni anche per il conseguimento di titoli di studio universitari o per il praticantato previsto per l'accesso alle professioni ordinistiche.(segue)

 
   

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