Poche certezze, troppe ombre/1
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Proviamo a ricostruire una vicenda che preoccupa seriamente tutti i giornalisti italiani
La vicenda Sopaf, ovvero la presunta truffa milionaria perpetrata dalla società dei Magnoni ad alcuni istituti di previdenza fra cui quello del giornalisti, finora scivolata via sotto silenzio, negli ultimi giorni è stata riportata d’attualità da una serie di notizie che erano note solo a pochissimi addetti ai lavori.
Partiamo da ciò che tutti sanno. Ovvero il processo ai Magnoni per la vendita delle quote Sopaf agli istituti. I Magnoni hanno chiesto il patteggiamento, tutti gli enti truffati si sono costituiti parte civile. Fa eccezione l’Inpgi che è stata però presente in aula con i suoi legali. Conclusa quell’udienza, l’Inpgi – nonostante il danno presunto di 7,6milioni di euro – non potrà più inserirsi in questo processo nemmeno per chiedere il pagamento delle spese legali.
In questa ingarbugliata vicenda politico-finanziaria, il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, ha ricevuto un avviso di garanzia. L’ipotesi di reato è quella di truffa aggravata nei confronti del suo stesso istituto.
La vicenda giudiziaria è assai contorta. L’ha ricostruita in modo esemplare Franco Abruzzo (ex presidente dell’Ordine della Lombardia) sul suo sito di cui vi proponiamo il link.
Tuttavia, proprio negli ultimi giorni, dopo tanto inspiegabile silenzio pare che qualcosa abbia cominciato a muoversi. I colleghi di Unità sindacale – che per primi hanno sollevato la questione con una serie di denunce alle quali non era stata data alcuna risposta ufficiale - hanno reso pubblici i documenti processuali nei quali l’Inpgi viene indicata come parte lesa. Non solo. In Rete sono state pubblicate anche le lettere indirizzate al ministero del Lavoro con le quali già nel luglio del 2014 l’Inpgi affermava di essere ”parte lesa” e di avere dato mandato ai propri legali di “costituirsi nel procedimento penale”. In realtà questo non è avvenuto per una precisa scelta del Cda in cui siede anche il segretario generale della Fnsi (Franco Siddi, prima, Raffaele Lorusso, oggi).
La scelta di non costituirsi parte civile non è mai stata spiegata ai colleghi. Anche se è di tutta evidenza che l’atto non poteva essere firmato dal presidente Camporese, in quanto indagato nella stessa inchiesta.
Nei giorni scorsi sulla vicenda Sopaf è sceso in campo anche il presidente dell’Ordine Enzo Iacopino, come sempre bene informato su tante cose. Iacopino ha pubblicato il parere di uno studio legale che ricostruisce gli eventi e rivela come sia stato un errore il versamento di 30 milioni di euro effettuato tramite bonifico bancario direttamente sul conto della Sopaf per l’acquisto delle quote azionarie, poiché il versamento doveva essere effettuato su un conto vincolato. Quei 30 milioni servirono a Sopaf per acquistare quote che, sebbene vendute all’Inpgi per quel prezzo, non erano ancora nelle sue disponibilità.
Questi sono solo gli ultimi sviluppi di una vicenda che si sta finalmente avviando - seppure con tantissima fatica – ad uscire dalle nebbie e dai silenzi.
Ognuno, ovviamente, leggendo tutti i documenti che riproponiamo, potrà farsi un’idea su questa storia che - secondo i magistrati - ha già arrecato alle casse dell’Inpgi 2, e dunque dei colleghi free lance, un danno di 7,6 milioni di euro.
Ciò che noi affermiamo con forza è che il tempo dei silenzi è finito e che i giornalisti hanno il diritto di sapere ciò che riguarda il loro istituto e il futuro delle loro pensioni. Per l’inpgi la trasparenza degli atti e la chiarezza non sono un’opzione ma un preciso dovere.
La SOPAF ricevette “per errore” 30.000.000 euro per vendere all’INPGI qualcosa che non possedeva, ricavandone 7.600.000
Enzo Iacopino, Presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, pubblica su internet le lettere inviate nel 2014 dall'INPGI al Ministero del lavoro in risposta alla richiesta di commissiaramento dell'ente "per tutelare le future pensioni degli iscritti", in cui l'ente affermava di avere dato mandato ai propri legali di costituirsi nel procedimento penale. Processo Magnoni / SOPAF, pubblicati anche il decreto di giudizio immediato e il decreto di sequestro preventivo.
INPGI, Scandalo Sopaf: come guadagnare 7.600.000 euro con un click. Enzo Iacopino: «Qual era (e maggior ragione ora, qual è) l'ostacolo a smentire che i 30 milioni erano stati dati in anticipo alla Sopaf? Perché è evidente che suonerebbe strano - allora e ora - che la Sopaf abbia comprato con i soldi dell'Inpgi quel che poi ha venduto all'Inpgi. O no?»
«Ero e sono sconcertato dall’aver letto che si erano costituiti parte civile l’Enpam, la Cassa di previdenza dei ragionieri, l’Ordine dei medici di Milano e settantadue azionisti. Non l’Inpgi, che si è limitata a dichiararsi “parte offesa”».
«Qualcuno ha valutato qual è l’effetto della mancata costituzione di parte civile dal punto di vista della comunicazione? Penso di no. Si tenta di fare circolare l’idea che parte civile e parte offesa siano la stessa cosa: balle da dilettanti del diritto! Balle planetarie.»
Pubblicato oggi sulla sua pagina Facebook il memorandum dello scorso 5 marzo presentato all'Inpgi dall'avv. Marani. Si afferma che i 30.000.000 furono dati ai Mangoni "per errore". Commenta Iacopino: «Vi pare normale che si possano dare “per errore” trenta milioni di euro ad una società che “versava in condizioni di difficoltà finanziarie già dalla fine del 2008” e che questa li possa liberamente usare per acquistare delle quote che poi gira all’Inpgi, guadagnando per la semplice mediazione 7.600.000,00 euro su 30.000.000,00 complessivi di investimento?»
LEGGI I TESTI DI ENZO IACOPINO E I DOCUMENTI ALLEGATI
L'INPGI sapeva dall'anno scorso, e ora il Cda non potrà più costituirsi parte civile. Ecco i documenti
FRANCOABRUZZO.IT / Scoop di “Unità sindacale” – SOPAF: L’INPGI sapeva da un anno della truffa ai suoi danni. Ecco tutti i dettagli dell’inchiesta. Le 16 pagine del Decreto di giudizio immediato a carico di Giorgio e Luca Magnoni (le pagine 9-11 si riferiscono al coinvolgimento dell’Inpgi).
Un atto pubblico dall’8 gennaio e in mano perlomeno di un sindaco Inpgi da fine dicembre (quelli di parte giornalistica sono attualmente Enrico Ferri, Attilio Raimondi, Pierluigi Roesler Franz ed Elio Silva), in cui alle pagine 9-11 (evidenziate nelle foto in fondo all’articolo) è descritta la presunta truffa ai danni dell’Ente previdenziale dei giornalisti con maggiore sintesi e precisione rispetto a documenti precedenti, compresa l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dei Magnoni e di altri soggetti indagati a vario titolo oltre un anno fa, e conosciuta almeno da maggio 2014, essendo uno dei pilastri su cui si regge l’intera inchiesta della Magistratura di Milano.
L’Inpgi, non costituendosi parte civile, afferma in sostanza di figurare solo nominalmente tra i danneggiati “avendo assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti”. E conseguentemente non ha chiesto il ristoro dei danni patiti per 7,6 milioni (secondo le ipotesi accusatorie del pm Gaetano Ruta). Il presidente dell’Inpgi Andrea Camporese, indiziato di truffa ai danni dell’Istituto che rappresenta, ha sempre respinto la ricostruzione istruttoria della pubblica accusa. (Fonte: Blitz Quotidiano)
I LINK SUL SITO DI FRANCO ABRUZZO
UNITÀ SINDACALE / A luglio 2014 l‘Inpgi ne era pienamente consapevole, al punto da ammettere in due diverse lettere indirizzate al ministero del Lavoro (e pubblicate solo ora sulla Rete) di essere una “possibile parte offesa” e di aver dato mandato ai propri legali di “costituirsi nel procedimento penale, intendendo con ciò non solo tutelare la propria posizione nell’interesse degli iscritti, ma anche collaborare fattivamente con la Procura della Repubblica di Milano“.
Non più “soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti”, come dichiarato in un comunicato di un paio di mesi prima, subito dopo la perquisizione negli uffici da parte della Guardia di Finanza. Poi tutto è cambiato, nell’autunno successivo. E l’Inpgi e il suo Cda hanno scelto la strada dell’arroccamento. Del no a ogni costo alla costituzione di parte civile nel processo avviato contro Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio a capo della finanziaria Sopaf, accusati anche di una presunta truffa ai danni dell’Inpgi e per 7,6 milioni di euro. Del nascondersi dietro formalismi processuali in un quadro che è da moltissimo tempo di solare chiarezza.
I LINK SUL SITO DI UNITÀ SINDACALE
LA FNSI - Il 23 dicembre scorso, Franco Siddi, allora segretario generale della Fnsi e in quanto tale consigliere di amministrazione dell’Inpgi (sostituito a febbraio in Cda allo stesso titolo di rappresentante del Sindacato dal neo-segretario Fnsi Raffaele Lorusso), aveva dichiarato a ilfattoquotidiano.it: “Quando arriveranno gli atti l’Inpgi si costituirà parte civile”. Questi atti, cioè la notifica da parte della Procura di Milano che identifica l’Istituto come parte lesa, sono arrivati a metà gennaio.
Ancora nessuna posizione chiara sugli sviluppi della vicenda da parte del nuovo segretario Raffaele Lorusso, pienamente sostenuto durante l'ultimo congresso dal "partito dell'inpgi". Si attende quantomeno una presa d'atto da parte della dirigenza nazionale Fnsi di quanto emerge dall'esame dei documenti ora resi pubblici.
VICENDA GIUDIZIARIA SOPAF-INPGI / Maxia Zandonai, consigliere Inpgi: “La mia opinione rimane la stessa: con un avviso di garanzia per truffa aggravata il presidente dell’Istituto avrebbe dovuto avere lo stile di presentare le dimissioni al Consiglio. Che sicuramente le avrebbe rigettate. Così come credo che, al di là delle spiegazioni formali degli avvocati, l'Inpgi avrebbe fatto bene a costituirsi parte civile come hanno fatto altre 75 parti”.
LEGGI L'INTERO ARTICOLO E LA CRONISTORIA INTEGRALE DELLA VICENDA SOPAF/INPGI.
LINK CORRELATI
Processo Sopaf, contro i Magnoni oltre 75 parti civili ma non l’Inpgi - ilfattoquotidiano.it
Giorgio e Luca Magnoni, che erano a capo della finanziaria milanese, erano stati arrestati nel maggio del 2014. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa ai danni di enti previdenziali. Tra cui l'istituto di previdenza dei giornalisti, il cui presidente Andrea Camporese è indagato.