'Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie': il 22 novembre Fnsi e Odg in piazza per i diritti dei giornalisti
Carcere, minacce, querele temerarie, lavoro irregolare, vecchi e nuovi bavagli: governo e parlamento restano silenti sui problemi del mondo dell'informazione che indeboliscono la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati. I rappresentanti della categoria saranno alle ore 11 davanti a Montecitorio per chiedere finalmente segnali concreti di inversione di rotta.
Gli organismi elettivi della Federazione nazionale della Stampa italiana e dell'Ordine dei giornalisti si riuniranno in piazza Montecitorio, a Roma, mercoledì 22 novembre, alle ore 11. Sarà la prima di una serie di iniziative di mobilitazione e di protesta che gli organismi di rappresentanza della categoria promuoveranno per denunciare l'inerzia di governo e parlamento sui problemi del mondo dell'informazione e per richiamare l'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Il tema della giornata, "Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie", riassume la condizione dei giornalisti italiani ed evidenza le responsabilità di governo e parlamento.
Una legislatura che si era aperta con l'impegno di depenalizzare il reato di diffamazione, cancellando il carcere per i giornalisti, si avvia alla chiusura senza alcun passo in avanti e con il tentativo di introdurre un'altra pena detentiva, fino a tre anni, in caso di pubblicazione di materiale coperto da segreto, giudicato irrilevante sotto il profilo penale. Con questa norma, contenuta nel decreto legislativo approvato dal governo, su proposta del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e inviato alle Camere per i pareri di competenza, si prova a introdurre una forma di bavaglio in barba a tutte disposizioni della Corte europea dei diritti dell'Uomo, che ha più volte riconosciuto il diritto dei giornalisti a pubblicare notizie di interesse generale e di rilevanza sociale, anche se coperte da segreto.
Nessun provvedimento è stato invece adottato per cancellare il carcere per i giornalisti, contrastare le minacce nei confronti dei cronisti e introdurre nel nostro ordinamento misure per debellare il fenomeno delle cosiddette "querele bavaglio", strumento sempre più utilizzato per intimidire i cronisti e impedire loro di occuparsi di temi giudicati scomodi. A fronte di questo immobilismo, suonano come messaggi di facciata le attestazioni di solidarietà al collega Daniele Piervincenzi, giunte da esponenti del governo e del parlamento.
Questa situazione, che indebolisce la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati, è aggravata dalla precarietà che pervade il mercato del lavoro. Nel mercato del lavoro giornalistico sono aumentate le diseguaglianze. Il lavoro regolare cede il passo al lavoro precario, grazie a leggi che consentono alle aziende editoriali di utilizzare contratti di lavoro atipico per mascherare lavoro subordinato. La recente legge di riforma dell'editoria, voluta dal ministro Luca Lotti, è stata un'occasione perduta. Non è in discussione la concessione di aiuti diretti e indiretti alle aziende del settore, ma l'assenza di una sia pur minima misura che possa in qualche modo contrastare l'abuso di lavoro irregolare. Agli editori non è stato richiesto alcun impegno sul fronte dell'occupazione e del contrasto al precariato, a fronte di decine di milioni di euro elargiti non per creare posti di lavoro, ma per ristrutturare le aziende attraverso i pensionamenti anticipati.
L'assenza di interventi di riequilibrio del mercato da parte del governo mette in pericolo la tenuta dell'Istituto previdenziale dei giornalisti italiani e spalanca ancora di più le porte al lavoro senza diritti, senza tutele e senza garanzie. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha sostenuto l'abolizione dei voucher nel sistema generale, non prende neanche in considerazione i danni che l'abuso dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa sta provocando al mercato del lavoro giornalistico e agli istituti della categoria.
Così non si indebolisce soltanto l'informazione di qualità, ma si mette a rischio la tenuta democratica del Paese.
L'auspicio è che, negli ultimi mesi della legislatura, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, da sempre sensibile ai temi dell'informazione, trovi il tempo e il modo per dare segnali concreti di inversione di rotta.
Leggi il comunicato della FNSI sulla manifestazione del 22 novembre 2017 a Roma, Piazza Montecitorio