Legge Meloni di riforma Equo compenso in dirittura di arrivo al Senato, ma non per i giornalisti
Lavoro autonomo. Il ministero di Giustizia in 10 anni non ha mai emanato i parametri delle retribuzioni minime dei giornalisti, unica professione senza equo compenso. Sindacato e Ordine hanno fornito negli anni dati, metodi e proposte rimaste inascoltate.
Il disegno di legge Meloni di riordino in materia di Equo compenso per tutte le prestazioni professionali di lavoro autonomo, approvato dalla Camera lo scorso ottobre e in avanzata discussione al Senato, sottolinea - se ve ne fosse bisogno - l’attualità e l’urgenza dell’applicazione delle norme del 2012 sull’equità retributiva dei giornalisti e dei principi enunciati dalla "Carta di Firenze" contro la precarizzazione, emanata dall’Ordine nazionale dei giornalisti in accordo con la Federazione della Stampa ed entrata in vigore lo stesso anno.
Il ddl all’esame della 2ª Commissione (Giustizia) del Senato, in sede redigente, amplia l’applicazione dell’Equo compenso - limitato finora dalla legge 172/2017 ai soli incarichi di lavoro autonomo affidati da pubblica amministrazione, imprese bancarie e assicurative e alle grandi imprese - estendendolo a tutte le imprese con più di 50 dipendenti o 10 milioni di euro di ricavi.
Il testo del ddl conferma che l’Equo compenso per i giornalisti, come per tutti gli iscritti ad un ordine professionale, è quello stabilito dalle tabelle dei decreti ministeriali adottati ai sensi della legge n. 27/2012.
Previsto inoltre che il parere di congruità emesso dall’ordine professionale costituisce titolo esecutivo anche per tutte le spese sostenute e documentate.
Viene istituito infine un Osservatorio nazionale sull’Equo compenso, composto da un rappresentante del Ministero del lavoro, da un componente per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali, da cinque membri in rappresentanza delle associazioni di professionisti non iscritti a ordini e collegi, ed è presieduto dal Ministro della giustizia o da un suo delegato.
Acquisito in Senato il disco verde delle Commissioni 1ª, 5ª 11ª e 14ª, per approvare il testo definitivo resta ora solo la discussione sugli emendamenti presentati entro il termine stabilito del 10 marzo scorso.
Sull’attuazione dell’EC ai giornalisti, non vi è dubbio sull’inadempienza e l’atteggiamento omissivo dei ministri di Giustizia che si sono succeduti dal 2012 a oggi. Infatti, per i compensi minimi della legge 27, in riscontro all’invito rivolto dal Ministero nel 2012 a tutti gli ordini professionali di specifiche indicazioni per stabilire quali fossero i rispettivi parametri, anche l’Ordine dei giornalisti ha puntualmente risposto indicando le proprie, il 24 maggio 2012 (prot. CNOG 2644/2012). Ciononostante, nel decreto del Ministero della Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, sono stati indicati i parametri che riguardano i compensi di tutte le altre professioni ordinistiche, omettendo solo quelli dei giornalisti.
Fnsi e Odg hanno illustrato ulteriormente, nell’incontro del 24 luglio 2019 al ministero di Giustizia, le rispettive proposte di metodo di calcolo dell’EC, ma senza ottenere riscontro. Entrambe le proposte, quella originariamente presentata dalla Commissione lavoro autonomo nazionale FNSI sin dal 2013 e quella Odg del 2019, sono convergenti verso la determinazione di un parametro/ indicatore di congruità che traduce la “coerenza” con i contratti collettivi considerando il tempo effettivamente impiegato per compiere la prestazione. Per chiarezza, entrambi i metodi di calcolo giungono ad indicare un parametro di compenso orario minimo per il lavoro autonomo relativo a testate ricadenti nell’ambito del contratto Fieg-Fnsi corrispondente a 20,40 euro/ora.
La legge 27/2012 stabilisce che i parametri dei compensi minimi vanno adottati per decreto del Ministro di Giustizia nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore.
Non si può non considerare che tutte le altre categorie professionali che hanno rivendicato e ottenuto nel tempo il corretto adempimento nell’emanazione dei compensi minimi ex legge 27/2012 da parte del ministero di Giustizia, hanno esercitato una pressione costante verso via Arenula anche attraverso ingiunzioni e ricorsi al TAR. Sarebbe quindi il caso, dopo 10 anni, di percorrere con decisione la stessa strada.
(Nella foto la sede del Ministero di Giustizia in via Arenula a Roma)