Equo compenso, Tar respinge ricorso: giornalisti restano senza tariffe minime, che vanno ricavate per analogia da quelle delle altre professioni
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso sui parametri giudiziali sull’equo compenso presentato dall’Associazione Stampa Romana e da Assostampa Sicilia sulla mancata emanazione per i giornalisti dei parametri ministeriali di cui alla legge 27/2012, che sono equo compenso minimo secondo la legge 172/2017.
I giudici amministrativi del Tar Lazio non riconoscono un vuoto normativo sulla materia, poiché con il decreto 140/2012 il ministero di Giustizia ha stabilito che i compensi dei giornalisti devono essere desunti dai giudici ordinari per analogia da quelli delle altre professioni, nel caso di controversie che riguardano il diritto ad un giusto compenso da parte delle colleghe e dei colleghi freelance.
Le assostampa hanno contestato nel ricorso come sia palesemente impossibile ricavare per analogia le tariffe di un videoreporter da quelle di un commercialista, notaio o ingegnere.
Ci si chiede qual è la logica secondo cui il ministero abbia deciso, per esempio, di emanare dettagliatissime tabelle per gli avvocati e stabilire che quelle dei giornalisti debbano essere ricavate per analogia dalle loro, e non il contrario.
Le associazioni, rammaricandosi dell’esito del ricorso, invitano alla mobilitazione sindacale per aprire con i nuovi vertici di via Arenula un'interlocuzione che porti alla chiara definizione dei valori delle prestazioni dei lavoratori non dipendenti, in linea con quanto ottenuto dalle altre professioni ordinistiche. Essendo i “parametri ministeriali” equo compenso minimo dall’entrata in vigore della legge 172/2017, come avviene per gli altri ordini professionali debbono potere essere disponibili, consultabili e facilmente utilizzati come tali ex ante e non attraverso un’interpretazione ex post, caso per caso, analogica e non univoca, da ottenere in sede giudiziaria. Un’evidente discriminazione in atto contro la professione giornalistica.