Assostampa
Romana
pubblica una guida
per il giornalista freelance
"Giornalista
fai da te, vademecum per il lavoro autonomo e parasubordinato" è il
nome della pubblicazione realizzata dalla Consulta Feeelance dell'Associazione
Stampa Romana a cura di Natalia Marra e Maria Giovanna Faiella.
E' una vera e propria guida che fornisce chiarimenti e risposte a tantissimi
problemi "pratici" che riguardano i freelance.(segue)
| | Relazione segreteria provinciale Assostampa Catania
Assemblea provinciale 29.01.2012
(approvata l'11.03.2012)
L'anno scorso avevo iniziato la relazione parlando di "cinesizzazione" - o proletarizzazione - della professione giornalistica. A conferma di questa
situazione - che peraltro molti giornalisti vivono sulla loro pelle - basti
guardare il dato che questa è sempre più una professione "rosa" (le giornaliste autonome in Italia dal 2002 al 2010 sono aumentate del 190%):
una cartina al tornasole del fatto che gli emolumenti diminuiscono. Agli
attacchi contro la professione giornalistica del precedente governo che voleva
mettere un bavaglio alla libertà di stampa con le famigerate proposte di
legge sulle intercettazioni - attualmente messe da parte, ma la vigilanza
deve rimanere costante - si sono aggiunti recentemente gli attacchi del ministro
del Welfare, Elsa Fornero, non contro la libertà di stampa direttamente,
ma contro l'autonomia dei giornalisti, definiti "privilegiati perché vicini al potere" (ma quale privilegio c'è - mi chiedo - nel guadagnare, come il 62% degli iscritti
all'Inpgi 2, cifre inferiori a 5.000 euro lordi all'anno?) e con il tentativo
reiterato del governo di mettere le mani sull'Inpgi, il nostro istituto di
previdenza. Al quale, come agli altri istituti di previdenza privati, viene
richiesta una previsione di conti in regola per i prossimi 50 anni. E grazie
al rinnovo nell'estate scorsa del Cnlg che prevede come accordi a margine
l'aumento di tre punti delle aliquote contributive a carico degli editori
e la riforma delle pensioni per le donne (che entrerà in vigore a luglio
e ha anticipato quella varata dal governo successivamente) questo obiettivo
così a lungo termine, alle condizioni attuali, era centrato. Ma pare che
al governo questo ora potrebbe non bastare più: troppa gola fa mettere le
mani su un istituto di previdenza in buona salute e che è stato gestito con
oculatezza. Anche se negli ultimi giorni pare essersi rasserenato il confronto
con il ministro, non ci stancheremo mai di ripetere che l'indipendenza dei giornalisti, la possibilità di tenere
la schiena diritta e, di conseguenza, la difesa e la tenuta della democrazia,
passano attraverso la libertà dal bisogno, attraverso retribuzioni dignitose
e un sistema di welfare adeguato. Invece, purtroppo ciò non avviene, soprattutto
nel variegato mondo dei freelance e dei precari.
Siamo 112-113mila i giornalisti in Italia (i conti sono presto fatti, visto
che eravamo 110mila accertati nel 2010, con un incremento di 1.200 nuovi
professionisti all'anno e un incremento ancora maggiore di pubblicisti che
si attestano a quota 80mila): siamo decisamente troppi rispetto a un mercato
sempre più asfittico: tra stati di crisi che si portano via centinaia di
posti all'anno (la perdita di posti di lavoro subordinato si attesta a un
-3,85%, con un blocco del turn over testimoniato da una diminuzione secca
del 31% dei praticantati), l'avvento del digitale nell'emittenza televisiva
e le opportunità negli uffici stampa che non si riescono a sbloccare, la
situazione non è destinata a migliorare.
Per quanto riguarda le televisioni private, quest'anno in Sicilia sarà un
momento particolarmente critico, con lo switch off previsto per il 30 giugno.
Questo comporterà la scomparsa di molte televisioni (circa il 60% di quelle
esistenti) e/o l'accorpamento di altre. Ciò significa una ulteriore perdita
di posti di lavoro. C'è da dire che quelli di molte televisioni private non
sono veri posti di lavoro. In questa giungla troviamo di tutto: da chi rispetta
più o meno le regole (pochi, spiace notarlo) ai contratti Frt che non sono
giornalistici, ai contratti Aeranti Corallo veri (ma sono pochi casi) e fasulli
(molti di più). Mi riferisco a quelli per i quali i colleghi restituiscono
in contanti buona parte della somma percepita con gli assegni. E questo è
un reato che si chiama estorsione. Ma ci sono anche le testate dove direttamente
gli stipendi non vengono pagati: si lavora gratis e ogni tanto l'editore,
nascondendo il ghigno dello sfruttamento dietro un sorriso buonista da "buon padre di famiglia", "elargisce" una quota di stipendio arretrato, come atto di magnanimità.
Un primo assaggio di quanto avverrà verosimilmente con lo switch off è quanto
accaduto a Sesta Rete, televisione che brilla, insieme con le altre del gruppo,
per inosservanza delle regole e laddove, dall'oggi al domani e senza alcuna
giustificazione, sono stati licenziati il direttore e altri 4 colleghi. Dispiace
che un collega pensionato si sia prestato a fare da direttore dopo il licenziamento
dei colleghi, in una tv dove le regole vengono continuamente disattese (anche
prima dei licenziamenti) e i giornalisti godono di ben poca considerazione.
Abbiamo messo a disposizione dei colleghi l'assistenza dell'Assostampa e
abbiamo chiesto un incontro con l'editore, incontro che ci è stato negato,
con la motivazione che "il sindacato non si occupa di queste questioni". Abbiamo chiesto al nostro interlocutore di cosa, secondo lui, si dovesse occupare
il sindacato, ma non ci ha saputo rispondere se non schernendo ulteriormente
i giornalisti. Dopo qualche giorno, però, lo stesso editore ha proposto una
pseudo-conciliazione da effettuare con l'assistenza del sindacato. Ma l'incontro
- anche senza che l'editore sappia cosa pensiamo della loro proposta di conciliazione
- continua ad esserci negato, così come non è stato versato ai colleghi prima
di Natale, così come era stato promesso dall'editore, uno dei diversi stipendi
arretrati dovuti. E resta ancora da accertare con sicurezza se siano stati
pagati ai colleghi i contributi.
Né va meglio nelle altre televisioni private (solo ad esempio, citiamo Videomediterraneo,
testata sovradimensionata e affezionata agli stati di crisi), laddove la
situazione resta identica a quella dell'anno precedente: aspiranti pubblicisti
sfruttati e mandati allo sbaraglio, aspiranti pubblicisti - quindi non ancora
in possesso del tesserino - che leggono i telegiornali, colleghi o aspiranti
tali che non vengono pagati e che firmano buste paga false. E ci sono anche
aspiranti colleghi che si pagano da soli le ritenute d’acconto per potere
poi conquistare il tesserino (questo peraltro, non avviene solo nelle televisioni).
Il quadro a tinte decisamente fosche vede anche colleghi (quindi già muniti
di tesserino) pagati in maniera irrisoria, costretti – pur da semplici collaboratori
- a coprire turni - perché di questo inequivocabilmente si tratta, checché
ne possa dire la proprietà o chi la rappresenta - per pochi euro a pezzo.
E, se non realizzano il servizio o qualche collega non cede loro gentilmente
un pezzo, costretti a lavorare gratis, a coprire turni gratis. E si arriva persino
a casi tragicomici in cui i turnisti vengono indicati con pseudonimi, forse
per evitare, secondo fantasiose ricostruzioni, eventuali future vertenze.
Su richiesta della segreteria regionale, anche la segreteria provinciale
di Catania ha realizzato un dossier sulle televisioni private, molte delle
quali accedono ai contributi del Corecom (ricordiamo che sono soldi di tutti
i contribuenti) gonfiando il numero dei giornalisti presenti in redazione,
numero assolutamente non congruo, in molti casi, con i bilanci. Facendo un
controllo incrociato dei dati a nostra disposizione, dei dati Inpgi e di
quelli dichiarati al Corecom, sono saltate subito agli occhi incongruenze
che riteniamo che la segreteria regionale abbia poi segnalato allo stesso
Corecom, all'Agcom, all'Inpgi e al nucleo dei carabinieri del lavoro.
Questo per quanto riguarda le televisioni private. A Catania c'è poi la redazione
della Rai, isola felice contrattualmente parlando, pur con le sue difficoltà
a livello nazionale: Catania ha ospitato una delle tappe della manifestazione "Riprendiamoci la Rai" che si sono svolte in tutta Italia. Un momento di riflessione importante su
un servizio pubblico che la politica e gli interessi del precedente governo
hanno cercato di svuotare di contenuti.
E passiamo ora alla questione uffici stampa, la madre di tutte le vertenze,
anche perché è questo l'unico ambito nel quale si possono aprire opportunità
di occupazione.
Tracciando un quadro degli uffici stampa, non possiamo tacere la vicenda
del collega Daniele Lo Porto, irrisolta nonostante una serie di impegni -
non risolutivi ma che potevano comunque portare sollievo al collega - presi
e non mantenuti dal presidente della Provincia regionale di Catania durante
un incontro nella scorsa primavera. Da settembre in poi abbiamo chiesto nuovamente
e ripetutamente un incontro al presidente Castiglione, mai però disponibile,
se non a parole. Parole alle quali non sono mai seguiti i fatti, cioè l'incontro.
Una indisponibilità ancora più grave se pensiamo che Castiglione è un giornalista
pubblicista ed è anche iscritto all'Assostampa. Forse sarebbe opportuno trarne
le dovute conseguenze. Resta la situazione di un ufficio stampa in cui lavora
una sola giornalista, supportata dalla collega portavoce di Castiglione (che
quindi solo del presidente della Provincia può e deve occuparsi) e da stagisti
vari: una situazione assolutamente deficitaria per un ente importante come
la Provincia regionale di Catania. Come l'Assostampa ha rimarcato in alcuni ordini del giorno
e comunicati stampa, oltre che disertando recentemente l'incontro per gli
auguri di Natale ai giornalisti organizzato dalla Provincia. Ente che peraltro
continua, in altri ambiti, a distribuire incarichi esterni, a riprova che
quello dell'ufficio stampa non è un problema di bilanci o di rispetto di
patti di stabilità.
Passando al Comune di Catania, abbiamo appreso un mese fa dalle dichiarazioni
inviate alle agenzie dal vicesegretario nazionale della Fnsi, dal segretario
regionale dell'Assostampa, dal Gus e dal segretario provinciale di Palermo
che una sentenza della Corte dei conti aveva condannato i componenti della
Giunta guidata da Umberto Scapagnini, il commissario straordinario e alcuni
dirigenti del Comune di Catania, per un danno erariale quantificato complessivamente
in circa 150 mila euro, pari ai compensi corrisposti a soggetti esterni a
cui era stato conferito e prorogato l'incarico di addetti all'ufficio stampa.
Una sentenza, in contraddizione con altre precedenti, che ha giudicato priva
di valore la legge regionale che definisce i profili professionali dei giornalisti
che operano negli uffici stampa degli enti locali, finora mai impugnata e
dunque pienamente in vigore, tanto da avere trovato piena applicazione da
parte del giudice del Lavoro con sentenze di primo e secondo grado. Ricordiamo
che resta ancora da definire la situazione dei colleghi interni che lavorano nell'ufficio stampa
del Comune, ai quali è stato tolto il Cnlg e applicato, come in tanti altri
enti, il contratto enti locali.
Anche nel settore della Sanità regionale, quando sembrava che la situazione
si stesse sbloccando e nonostante la disponibilità a risolvere la questione
più volte confermata dall'assessore Russo, tutto si è poi arenato e le Asp
hanno optato per incarichi ponte a tempo determinato utilizzando previsioni
contrattuali di co.co.co. dalle caratteristiche più varie e, talvolta, paradossali.
Abbiamo espresso solidarietà ad alcuni colleghi fatti oggetto, a vario titolo,
da parte di rappresentanti delle amministrazioni comunali di attacchi: questo
perché molti politici non comprendono la differenza di ruoli tra l'addetto
stampa e il corrispondente e considerano i giornalisti - qualunque ruolo
ricoprano - personali portaborse al loro servizio e/o l'ufficio stampa una
spesa superflua. Gli amministratori locali, complice in questo un procuratore
della Corte dei Conti, non applicano la legge 150/2000 - la legge probabilmente
più inapplicata d'Italia - né tengono in conto la legge regionale n.2 del
2002 che prevede che per le attività di informazione e comunicazione gli
enti locali debbano stanziare fino al 2% del proprio bilancio. E nessuna
legge, né alcun patto di stabilità ha mai abrogato queste normative, come
ha dovuto prendere atto il ragioniere di un certo Comune (Riposto): a dimostrazione
che la presenza o meno di un ufficio stampa negli enti locali è sostanzialmente
una questione più di volontà politica che di bilanci. Volontà politica che mal si concilia con la previsione
di concorsi per ricoprire i ruoli di addetto stampa: proprio perché l'addetto
stampa è considerato dal politico di turno solo un portaborse, al massimo
un portavoce. Lo dimostra la vicenda dell'addetto stampa di Adrano, Nicola
Savoca, a lungo oggetto di mobbing e di tentativi di licenziamento da parte
del sindaco subentrante a quello da cui aveva avuto l'incarico. La nostra
deontologia, alla quale siamo tenuti e che ci obbliga allo svolgimento di
una attività professionale corretta, è invece una garanzia per gli amministratori.
Nei Comuni minori - al di là di pochissimi esempi - Caltagirone, Tremestieri,
Palagonia dove è applicato, così come prevede la legge, il Cnlg (ma in quest'ultimo
Comune è arrivata la longa manus di quel procuratore della Corte dei conti
che ha fatto della sua battaglia contro gli uffici stampa negli enti locali
quasi una ragione di vita: e anche agli amministratori di Palagonia ha chiesto
perché si applichi all'addetto stampa il Cnlg, cioè perché si applichi la
legge). Dicevamo, tranne rarissimi esempi, nei Comuni minori continua ad
esserci di tutto: l'ufficio stampa prorogato di mese in mese e nell'attesa,
condito dalla solita richiesta: "Non ci abbandonare, lavora per noi gratis in attesa del rinnovo dell'incarico
o della approvazione del bilancio", il co.co.co., l'Lsu, la partita Iva, il contratto enti locali con l'attribuzione
di categorie decise arbitrariamente dal burocrate o dal politico di turno.
Il tutto, ovviamente, con retribuzioni variegate, in genere molto schiacciate
verso il basso, fino alla presunzione, da parte di alcuni sindaci, di potere
svolgere da sé l'attività di addetto stampa o di poterla fare svolgere a
chi non è iscritto all'Ordine dei giornalisti. Cosa che, ribadiamo, non si
può fare: è esercizio abusivo della professione. Un sindaco, messo alle strette
dalle nostre rimostranze, ci ha detto che avrebbe optato per la comunicazione
porta a porta con i propri cittadini. A un altro che lamentava la necessità
di fare sapere ai cittadini quanto realizzato dall'amministrazione, abbiamo
fatto notare che questa era la riprova di quanto fosse importante, in un
Comune, l'ufficio stampa: che non è e non può essere un optional, ma è un
ufficio come gli altri, con la stessa dignità e importanza di qualsiasi altro.
Nessuno si sognerebbe mai di fare a meno dell'ufficio tecnico o dell'ufficio anagrafe. Perché dell'ufficio
stampa, invece, si ritiene di poterne fare a meno?
Quello degli uffici stampa - non per nulla questo è il fronte della madre
di tutte le battaglie sindacali dell'Assostampa - è l'unico settore da cui
si possono aprire possibilità di occupazione in un ambito come quello giornalistico
dove l'offerta di manodopera è assolutamente debordante rispetto ai posti
di lavoro disponibili, destinati peraltro a diminuire tra stati di crisi
e switch off.
Speriamo che la recente elezione del nuovo direttivo regionale del Gus -
che deve affiancare e sostenere il grande sforzo profuso finora dalla segreteria
regionale - possa in qualche modo essere risolutiva.
Dopo avere concordato con l'Ersu la pianta organica del relativo ufficio
stampa (peraltro rara isola felice, visto che all'addetto stampa è applicato
il Cnlg, contrariamente a quanto avviene ad esempio al collega addetto stampa
dell'università), l'ente ha modificato arbitrariamente e senza darcene comunicazione
quanto concordato. Abbiamo contestato tale passaggio, diffidando l'ente dall'apportare
modifiche senza preventiva consultazione col sindacato. Si è bloccato tutto
- anche per le note vicende dell'Ersu, che esulano dalla questione ufficio
stampa - e tuttora resta da definire la pianta organica definitiva di tutto
l'Ersu e dell'ufficio stampa, anche se il collega che vi lavora continua
ad avere il Cnlg.
Piccola digressione: con l'Ersu e l'università di Catania nel maggio scorso
abbiamo organizzato la giornata di studio per la professione giornalistica,
un momento di riflessione dedicato agli studenti di Scienze delle comunicazioni
che hanno seguito la lezione di 5 relatori. Anche sul fronte università,
occorrerebbe fare sapere ai giovani, pieni di illusioni su questo campo,
cosa offre il mondo del lavoro nel campo giornalistico: non per tarpare loro
le ali, ma per renderli consapevoli di cosa vanno incontro. Pensiamoci: gli
iscritti solo a Catania (dati risalenti al giugno 2010) sono circa 5.000.
E secondo voi, quale professione vogliono fare la maggior parte di loro?
Ma tornando agli uffici stampa, se già il quadro degli uffici stampa pubblici
è così variegato e presenta più ombre che luci, laddove si passa invece nel
campo privato, le luci si spengono completamente e il buio regna sovrano.
Nella drammatica situazione di penuria di lavoro dovuta da una parte alla
crisi e dall'altra all’eccesso di ingressi nella professione e al conseguente
numero straripante di disoccupati o inoccupati disponibili sulla piazza,
si trova di tutto: l’ufficio stampa gratuito, l’ufficio stampa pagato pochi
euro al mese, l’ufficio stampa tenuto da chi non ha i titoli per farlo, l’ufficio
stampa anonimo, l’ufficio stampa fai da te oppure quello tenuto dagli esperti
o dai consulenti di immagine.
Abbiamo continuato ad inviare - nel 2011 sporadicamente e solo su segnalazione
di colleghi - lettere di contestazione per l'esercizio abusivo della professione
da parte di non iscritti all'Ordine che inviano comunicati stampa. Nonostante
l'attività sporadica, abbiamo inviato un centinaio di lettere di contestazione,
a riprova della diffusione del fenomeno. Ricordiamo che - a differenza dei
collaboratori dei mass media che, prima di acquisire il tesserino, devono
fare sul campo i giornalisti (paradosso esistente, tra le professioni, soltanto
in quella giornalistica) -, l'addetto stampa deve invece già essere iscritto
negli elenchi dell’albo dei giornalisti per potere esercitare. Lo ribadiamo
ancora una volta: i comunicati stampa devono essere fatti dai giornalisti,
che devono essere identificabili perché devono rispondere di quanto riportato
nel comunicato, sia dal punto di vista professionale sia dal punto di vista
deontologico. E, a differenza degli articoli e dei servizi tv, radio o su
internet, non si diventa giornalisti facendo i comunicati stampa.
Spiace notare però che è soprattutto tra i colleghi stabili delle redazioni
che l'attività di lotta all'esercizio abusivo della professione è risultata
particolarmente sgradita: non si capisce che l'esercizio abusivo della professione
toglie posti e/o opportunità di lavoro a chi ne avrebbe diritto. Continuiamo
a sostenere che non dovrebbero essere pubblicati (o meglio, presi in considerazione.
In realtà i comunicati stampa non andrebbero mai pubblicati tout court) i
comunicati stampa non redatti dai giornalisti e, per mettere un freno a questo
malcostume - tra l'altro molto diffuso tra i rappresentanti della cosiddetta
società civile, a mio parere in realtà campioni di profonda inciviltà - basterebbe
prevedere l'obbligo di inserire in calce al comunicato stampa, oltre alla
firma di chi lo ha redatto (che spesso e volentieri non c'è), anche il numero
di tesserino del giornalista. Se queste opportunità di lavoro fossero infatti
esclusiva degli iscritti all'Ordine, così come previsto dalla legge, magari
si potrebbe rimettere in moto un meccanismo virtuoso dell'informazione, al posto di quello
vizioso in vigore. Ne guadagnerebbe la qualità e la pluralità dell'informazione,
si aprirebbero opportunità di lavoro per gli addetti stampa ma anche per
i collaboratori delle testate (se non si pubblicassero i comunicati stampa
le redazioni dovrebbero essere rimpolpate invece che svuotate), i colleghi
precari potrebbero guadagnare una cifra annua più congrua di meno di 5.000
euro lordi all'anno e, così facendo, si allenterebbe un po' la pressione
esistente sulle redazioni perché gli editori potrebbero avere un minore apporto
di manodopera a basso costo. Il che vorrebbe dire, magari, meno stati di
crisi e meno prepensionamenti. Un dato per tutti: gli articoli 1 in Italia
sono diminuiti in un solo anno del 4,9%, a dimostrazione che trattasi di
categoria in via di estinzione.
Già, gli stati di crisi. Nella carta stampata, la crisi si è fatta e purtroppo
continua a farsi sentire. In maniera pesante. Gli editori, i cui introiti
pubblicitari e dalle vendite sono sicuramente diminuiti, vogliono scaricare
sui giornalisti le conseguenze della crisi generale, ma anche di loro scelte
sbagliate e più volte denunciate dal sindacato ai vari livelli. Lungi dal
fare una scelta che guardi a un miglioramento della qualità dell’informazione,
facendo uno sforzo di investimento e rilancio, preferiscono attuare soltanto
politiche miopi di risparmio immediato da scaricare sulle redazioni. Il Giornale
di Sicilia ha in corso uno stato di crisi: i prepensionamenti chiesti dall'editore
sono ben 14, tra cui qualcuno anche nella redazione di Catania. La Gazzetta
del Sud ha presentato un paio di stati di crisi, ma li ha dovuti ritirare
in sede di contrattazione a livello nazionale. Anche La Sicilia è ovviamente
in affanno: la crisi non risparmia nessuno e l'editore ha più volte "minacciato" lo stato di crisi. Attualmente, anche in considerazione del fatto che non vuole
privarsi dei pensionati, ha optato per un esperimento di rilancio del giornale
con l'aumento di pagine su piazze considerate strategiche e con un progetto
internet, come richiesto pressantemente dalla redazione. Esperimento che,
se da una parte ha portato un incremento pubblicitario, non pare essere sufficiente
per l'editore. Di contro, però, c'è la buona notizia dell'assuzione di un
collega precario storico, Mario Barresi, anche utilizzando gli incentivi
alle assunzioni decise dall'Inpgi sulla scorta del rinnovo del Cnlg della
scorsa estate. Ricordiamo che per i prossimi 3 anni chi assume un giornalista
disoccupato da almeno 6 mesi o trasforma senza soluzione di continuità un
contratto giornalistico a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato
(parliamo ovviamente di Cnlg o Aeranti Corallo) gode di sgravi contributivi
del 60% per 3 anni. Si tratta, quindi, di un forte sconto per gli editori.
Tornando a La Sicilia, resta comunque un "dimagrimento" della redazione che, tra il 2010 e il 2011, ha portato a 8 esodi volontari e
2 pensionamenti. E da aprile un altro collega andrà in pensione, mentre l'editore
non ha escluso un altro pensionamento. A questo proposito, ricordiamo che
le giornaliste che interrompono il rapporto di lavoro e vengono ammesse alla
contribuzione volontaria pagando anche solo un contributo volontario prima
del prossimo luglio, data dell'entrata in vigore della riforma del welfare
rosa, vanno in pensione con le vecchie regole (60 anni di età senza penalizzazioni).
A La Sicilia restano poi altri 3 colleghi precari storici ai quali dare una
risposta, che potrebbe essere ipotizzata, almeno in parte e sempre utilizzando
gli incentivi Inpgi, con l'avvio di internet. Una strada tutta in salita,
ma non per questo da non tentare nemmeno.
Non ha invece avuto seguito, dopo la richiesta di documentazione presentata
dalla segreteria provinciale e relativo carteggio, la richiesta di stato
di crisi avanzata dagli editori della Tecnica della Scuola.
Continua a rimanere completamente fuori da qualsiasi controllo e da qualsiasi
regola il variegato mondo dell'informazione su internet. Internet ai cui
colleghi dovrebbe essere applicato il Cnlg (allegato N del contratto), ma
credo che ciò non accada da nessuna parte: si va dal contratto Frt (tipologia
contrattuale che non c'entra nulla con internet, non essendoci nelle redazioni
dell'on line neanche le figure dei telecineoperatori di cui si parla nel
contratto Frt) al solito volontariato puro. Tranne i siti collegati alla
testate cartacee e i siti istituzionali (ma talvolta anche lì), si trova
di tutto: dalle testate registrate in tribunale a quelle non registrate a
quelle più o meno camuffate da blog o viceversa. Anche di questo sarebbe
opportuno cominciare ad interessarsi, con una "regolamentazione" che dovrebbe partire a livello nazionale.
E a proposito di Internet, sia pure in un altro senso: chi ha detto che non
ci sono posti di lavoro giornalistici? La rete pullula, a livello nazionale
di offerte di lavoro, ovviamente a titolo gratuito e al di fuori di qualsiasi
regola. Alla ricerca di qualche rara opportunità di lavoro da segnalare ai
colleghi (segnaliamo solo quelle che scoviamo e che abbiano almeno una parvenza
di serietà), un paio di mesi fa mi sono "dilettata" a controllare anche le tantissime offerte di lavoro che in realtà si trovano
in rete: e, scegliendo fior da fiore (ma la scelta non è stata difficile,
perché le offerte che si trovano sono quasi tutte di questo genere), ho riportato
all'ultima Conferenza nazionale dei Cdr alcune di queste mirabolanti proposte
di lavoro: dalle modelle giornaliste - frutto avvelenato della concezione
della donna-oggetto che negli ultimi anni tanto successo ha ottenuto nella
società italiana - alle decine di offerte in cui si continuano a chiedere
non tanto i curriculum vitae quanto le foto, alla immancabile promessa del
conseguimento del tesserino (o del "patentino", come viene definito in alcune occasioni) di giornalista in cambio di lavoro
gratis (è pleonastico ricordare che, ovviamente, si tratta di pratica illegale
che non consente il conseguimento di alcunché). Ricercato anche il dopolavorista
giornalista con propensione al sociale per incarico no-profit di addetto
stampa o il giornalista procacciatore pubblicitario o quello pagato per provvigione
tramite la ricerca di sponsor (con buona pace della deontologia) passando
attraverso la proposta di ufficio stampa per aspiranti giornalisti (che,
come abbiamo detto prima, non si può fare). Ne ho parlato all'ultima conferenza
nazionale dei Cdr a Roma (ho parlato spesso, e mai con interventi passati
inosservati, alle Conferenze nazionali dei Cdr e ai seminari della Fnsi,
dai quali ho imparato tanto: permettetemi questa piccola notazione autoreferenziale,
oggi) e ho scoperto con stupore che il mio intervento ha fatto molto scalpore. "Ma perché?", mi chiedo. E' tutto alla luce del sole su internet: cosa aspetta l'Ordine nazionale,
lo stesso sindacato a muoversi?
E apriamo un breve capitolo sull'Ordine. Il 4 marzo 2011 si è svolto a Palermo
un Consiglio regionale congiunto Ordine-Assostampa. Per l'occasione ho fatto
un intervento personale molto critico nei confronti dell'Ordine, al quale
a gennaio scorso come segreteria provinciale avevamo invece inviato le segnalazioni
dei casi più eclatanti di esercizio abusivo della professione (dossier preso
in considerazione dall'Ordine soltanto a novembre: aspetto ancora di vedere
cosa succederà, anche se con il cambio ai vertici sono sicuramente più speranzosa.
In realtà, qualche settimana fa ero stata convocata dall'Ordine ma l'audizione
è saltata per un imprevisto), mettendo il dito sulla piaga di tante storture:
oltre all'esercizio abusivo della professione e alla mancata revisione degli
albi, un accesso alla professione decisamente poco controllato e con testate
tesserinifici sulle quali, finora, l'Ordine non ha puntato la propria attenzione
come avrebbe dovuto.
Nel corso dell'anno, abbiamo segnalato all'Ordine due casi di mancato rispetto
delle norme professionali e di deontologia: quello di un addetto stampa Lsu
che scrive sul giornale dei medesimi argomenti sui quali invia (peraltro
postumo rispetto al proprio articolo) il comunicato stampa e quello di un
addetto stampa di un Consiglio comunale che, per coincidenza, è anche figlio
di un consigliere comunale dello stesso consesso. Rimaniamo in fiduciosa
attesa di riscontri.
A questo si aggiunge l'attuale allarme sulla sorte dell'Albo dei pubblicisti
in seguito alla riforma delle professioni: avevamo mandato una comunicazione
sulla legge 148/2011 ad agosto scorso, ma l'allarme è cresciuto negli ultimi
tempi. Abbiamo fatto girare tra i colleghi una comunicazione "rasserenatrice" del presidente nazionale dell'Ordine, Enzo Iacopino, citato come fonte istituzionale
sull'argomento. Sappiamo che della questione si sta occupando l'Ordine nazionale,
così come necessario: non crediamo comunque che gli 80 mila pubblicisti italiani
corrano il rischio di essere cancellati e che le testate giornalistiche possano
privarsi di questi colleghi. A conferma di ciò, dieci giorni fa il Consiglio
nazionale dell'Ordine dei giornalisti ha approvato senza alcun voto contrario
le linee guida per una riforma dell'ordinamento giornalistico, proprio alla
luce delle novità introdotte dalle legge 148/2011 e
successive modificazioni. Secondo quanto votato dal Consiglio nazionale dell'Ordine,
l'accesso alla professione giornalistica è libero. Stando a queste linee
guida, fermi restando l'unicità dell'Albo, la permanenza dei due Elenchi
e i diritti acquisiti dagli iscritti all'entrata in vigore della riforma,
l'accesso alla professione di giornalista dovrà avvenire attraverso l'esame
di Stato. Per sostenere l'esame di Stato gli aspiranti giornalisti dovranno
possedere una laurea e aver svolto un tirocinio di 18 mesi. Le forme di tirocinio
saranno individuate in un regolamento. Dall'entrata in vigore della riforma,
chi avrà superato l'esame di Stato sceglierà se iscriversi nell'elenco professionisti
o in quello pubblicisti. L'iter transitorio di accesso all'esame di Stato
dovrà esaurirsi nell'arco massimo di un quinquennio e sarà regolato da precise
norme, fermo restando che i pubblicisti non intenzionati ad avvalersi di
tale normativa, restano iscritti all'Elenco di appartenenza. Le linee guida
dovranno essere ovviamente discusse col governo. Crediamo comunque che sarà trovata una soluzione,
almeno per quelli che effettivamente fanno i giornalisti. Perché non dobbiamo
dimenticare che la metà degli iscritti all'Ordine dei giornalisti non è invece
iscritto all'Inpgi: il che vuol dire che non lavora, non guadagna, lavora
in nero o è comunque fuori regola. E questo potrebbe essere il momento per
ripulire gli elenchi dagli iscritti che questa professione non la svolgono
proprio, né a tempo pieno, né sporadicamente.
Abbiamo continuato come segreteria provinciale a inviare comunicazioni di
servizio ai colleghi e agli aspiranti dei quali abbiamo gli indirizzi email.
Senza fare alcuna distinzione tra iscritti o meno al sindacato, perché purtroppo
esiste una disinformazione totale sui temi della professione, sui nostri
organismi di categoria, sui diritti e doveri della nostra professione. Abbiamo
inviato 80 comunicazioni nel corso dell'anno (vuol dire quasi 7 al mese:
una media quasi da spamming): dal collegato lavoro alle novità sulle previdenza,
dal rinnovo contrattuale alla deontologia, dalle regole per non perdere la
disoccupazione al resoconto del congresso nazionale al quale all'inizio del
2011 abbiamo partecipato Monica Adorno ed io, con l'attenzione puntata soprattutto
al mondo del precariato e dei freelance. Quel mondo nel quale il 62% degli
iscritti all'Inpgi 2 guadagna meno di 5.000 euro lordi all'anno (meno di
416 euro lordi al mese): un dato in drammatico aumento, visto che l'anno
precedente il dato riguardava il 55% degli iscritti all'Inpgi 2. Attorno alle testate - carta stampata, tv,
internet - ruota infatti il variegato mondo dei collaboratori pagati a 5-6
euro a pezzo. Quando va bene, per quanto possa apparire paradossale. Non
lo è considerando che esistono decine e decine di testate pirata che non
pagano o, ancora peggio, che promettono di pagare ma poi non lo fanno. I
colleghi e gli aspiranti colleghi lavorano sperando in un compenso che non
arriva mai. E, nella loro solitudine, credono a tutte le leggende metropolitane
che vengono loro propinate: come quella che, per diventare pubblicisti, possono
essere pagati anche una sola volta ogni due anni. Anche per evitare questo
sfruttamento e queste false promesse, perché l'Ordine regionale - che consente
fino al pagamento annuale: un errore a mio parere - non richiede il pagamento
mensile o al massimo bimestrale delle collaborazioni con la relativa tracciabilità?
Almeno lo sfruttamento del singolo aspirante giornalista durerebbe di meno,
anche se poi c'è tanto ricambio di manodopera e in tanti si auto-pagano... Tra l'altro, non pagando i collaboratori,
queste testate fanno una concorrenza sleale a quelle che rispettano le leggi.
E, così facendo, fanno saltare qualsiasi regola di mercato virtuoso e gli
stessi posti garantiti. E d'altro canto chi lavora gratis o per cifre irrisorie,
magari per ottenere il tesserino, ma a volte anche già possedendo il tesserino,
sortisce l'unico risultato di rovinare totalmente la piazza. Chi fa così
non difende un posto di lavoro, perché questi non sono veri posti di lavoro.
E chi lavora per 400-500 euro al mese non vive, distrugge la categoria, fa
saltare completamente il sistema previdenziale e non si crea neanche un proprio
presente e un proprio futuro, perché non può né organizzarsi la vita né si
costruisce una pensione futura (ricordiamo sempre che l'Inpgi 2 è sistema
previdenziale contributivo, il che vuol dire che chi versa all'Inpgi 2 avrà
un massimo del 40% dell'ultimo stipendio come assegno di pensione. E chi
lavora senza contratto o con contratti depotenziati guadagna poco e prenderà cifre irrisorie,
sicuramente drammaticamente inferiori alla stessa pensione sociale.
Di precari e freelance si è discusso a lungo durante il congresso nazionale
della Fnsi, che si è tenuto a gennaio scorso a Bergamo: chiarito - anche
se qualcuno ancora non l'ha capito - che non tutti possono diventare giornalisti,
tra le proposte più interessanti della commissione nazionale lavoro autonomo
c’è quella di tentare di rendere più oneroso per gli editori il costo del
lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. E un'altra proposta che a me
personalmente piace molto è quella di avere un rappresentante dei freelance
e dei collaboratori nei Cdr delle varie testate.
Ma è importante, fondamentale a nostro parere, che i giornalisti siano consapevoli
dei loro diritti e dei loro doveri, conoscano gli istituti della categoria.
Oltre che inviare le comunicazioni via e-mail, abbiamo continuato a recarci
noi in provincia per incontrare i colleghi, soprattutto i freelance, i collaboratori.
Ultimamente, abbiamo lanciato la proposta ai colleghi di scegliere, su microaree
del territorio, un loro rappresentante che possa fare da collegamento e da
portavoce di ciò che avviene nelle varie zone del territorio. E' una ipotesi
di lavoro, secondo noi molto seria, che lasciamo a chi succederà a questa
segreteria provinciale.
Raccomandazione ai colleghi freelance: controllate sul sito dell'Inpgi che
vi vengano versati effettivamente i contributi e che questi non siano versati
erroneamente all'Inps 2. Tutti coloro che svolgono attività giornalistica
devono versare i contributi all'Inpgi: se attività giornalistica autonoma
devono versare il 10% del netto percepito più il 2% del lordo (a carico del
committente) più il contributo maternità: è una incombenza che ricade sui
giornalisti. Se avete un contratto co.co.co., l'onere spetta al committente
(ricordiamo che l'aliquota è del 26,72%, di cui due terzi a carico del committente
e un terzo a carico del collaboratore) ma i giornalisti hanno l'onere e dovrebbero
avere anche l'interesse a controllare che i versamenti vengano effettuati
all'Inpgi 2 e non all'Inps 2.
Voltando pagina, a luglio scorso la vicesegretaria Monica Adorno si è dovuta
dimettere per una incompatibilità che si era venuta a creare tra un incarico
da lei ricoperto in Confindustria (la Fieg, cioè gli editori, è una delle
componenti di Confindustria) e il suo ruolo in Assostampa. Per noi e per
me in particolare è stata una perdita grande, anche se comprendo la scelta
di Monica, alla quale auguro di realizzare tutto ciò che desidera. Da allora
l'incarico è rimasto vagante. Era Monica che si occupava di Facebook: il
profilo "Giornalisti uniti Catania" è stato quindi abbandonato, anche se è uno strumento fondamentale di comunicazione
con i colleghi. Raccomandiamo quindi alla prossima segreteria di riattivare
la pagina su Facebook.
Abbiamo siglato una decina di nuove convenzioni: ribadiamo che non è l'aspetto
fondamentale di un sindacato, ma potere usufruire di sconti, in periodi di
crisi come questi, può fare comodo, soprattutto ai colleghi che guadagnano
meno. E può consentire di arrivare ad ammortizzare il pagamento della quota
Assostampa.
Abbiamo invece, dopo l'estate, interrotta l'apertura mensile dello sportello
Assostampa, servizio reso possibile dalla disponibilità dal collega Salvo
Fichera (che ci ospitava) e di Alessandra che copriva questo appuntamento:
ci siamo infatti rese conto che non era un servizio richiesto dai colleghi,
che per mettersi in contatto col sindacato utilizzano telefono e email.
Permettemi infine di ricordare due colleghi che, nel corso dell'anno passato,
ci hanno lasciati: il collega Giuseppe Simili e, il 26 dicembre, il collega
William Castro. In senso strettamente tecnico, William in realtà era un iscritto
della sezione di Messina, ma era un collega de La Sicilia pieno di entusiasmo
stroncato a soli 37 anni: non posso quindi non ricordarlo. Ciao William,
e scusa se non siamo stati capaci di realizzare il tuo sogno. Che non era
poi un sogno incredibile, ma era il normalissimo, se vogliamo borghese, sogno
di essere assunto e di potere svolgere, con la garanzia e la serenità di
un contratto, non solo estivo, la professione di giornalista che amavi tanto
e che sapevi fare tanto bene e con un entusiasmo irrefrenabile.
Finora quello che ha fatto la segreteria provinciale.
Permettetemi però una breve considerazione personale. Quando due anni fa,
malvolentieri, ho accettato l'incarico di segretario provinciale, pensavo
che potesse essere interesse di tutta la categoria chiedere il rispetto
delle regole. Da parte di tutti: editori, committenti in generale, ma anche
da
parte di noi stessi. Sono infatti convinta che è dal rispetto delle regole
che proviene il rispetto dei diritti di questa categoria e della professione.
Ed è quello che ho cercato di fare: ho tentato di combattere l'esercizio
abusivo della professione; ho creduto nel valore di fare squadra, cercando
di informare i giornalisti e gli aspiranti tali, iscritti o meno al sindacato,
di quanto avveniva, dei temi e degli organismi della professione, sui quali
devo dire esiste una profonda disinformazione (e noi, paradossalmente,
siamo operatori dell'informazione); ho cercato di dare visibilità e dignità
- e
non certo per manie di protagonismo - a una segreteria provinciale che,
per ovvii motivi, a Catania è schiacciata verso il basso; ho bacchettato un Ordine che, a mio parere, non controlla con la
sufficiente attenzione le domande di accesso alla professione, che non opera
la necessaria revisione degli albi. Mi auguro, sono speranzosa, che con il
nuovo corso dell'Ordine in Sicilia, con Riccardo Arena e Concetto Mannisi
ai vertici, questo andazzo possa cambiare. Ho cercato di imparare quanto
più possibile sui temi della professione, in questo diventando - me ne rendo
conto - anche estremamente molesta. E questa è la parte che più mi dispiace.
Spesso, molto spesso, troppo spesso, mi sono ritrovata spiazzata: e talvolta
l'impegno è stato scambiato per qualcosa di diverso. Ho dovuto però prendere
atto che questa idea di sindacato - questa "pazza idea" di sindacato - forse è soltanto mia, certamente è poco condivisa dai colleghi,
soprattutto dai vertici sindacali. E siccome ho un profondo rispetto delle
regole della democrazia e sono convinta che un sindacato debba essere rappresentativo
della categoria, preferisco cedere la mano a qualcuno che sia più in sintonia
con il modo di pensare dei colleghi. Resto convinta che il sindacato sia
servizio, dare risposte ai colleghi: e per questo abbia bisogno di competenza,
impegno, diplomazia (a giuste dosi: l'eccesso di diplomazia può essere
un difetto, almeno tanto quanto la mancanza di questa grande dote), sussidiarietà,
condivisione, cooperazione, comunicazione. Non rinnego ciò che ho fatto,
comunque fatto sempre - compresi i tanti, tantissimi errori - in buona
fede
e portato avanti con impegno. Auguro a chi verrà dopo di potere portare
avanti un ottimo lavoro. Sono sicura che la squadra che verrà, guidata
da qualcun
altro, saprà fare un lavoro sicuramente migliore del mio.
Grazie a tutti - alla squadra, in particolare: Monica, Rosa Maria, Eleonora,
Paolino, Pippo, Daniele, Anna Elisa, Tano, Antonio, Gaia, Salvo, Rossella,
Pinella, Giovanna, Orazio, Peppino, Nunzio, Mario, Tonio, Gaetano, Concetto,
Giuseppe, Mariano, Ada. Spero di non avere dimenticato nessuno - per quello
che ciascuno ha fatto, supportando il lavoro e gli sforzi di questa segreteria.
Un ringraziamento affettuoso va ad Alessandra, preziosissima collaboratrice
delle varie segreterie protempore. Grazie anche a chi non ha condiviso
gli sforzi e le idee di questa segreteria: le critiche sono sempre un momento
di crescita. Grazie in particolare, ovviamente, ad Alberto e Gigi, ai quali
chiedo scusa per il mio "angosciante" impegno, per la mia "pazza" idea di sindacato, per la mia "molesta" voglia di sapere e conoscere per potere dare risposte ai colleghi. Ma vorrei
soprattutto che non dimenticassimo mai di fare parte di una stessa categoria:
viaggiatori magari in classi diverse, ma a bordo della stessa nave. E,
perciò, legati a un comune destino (che spero non sia come quello della
Costa Concordia).
Grazie e buon lavoro a tutti, soprattutto alla nuova segreteria. Maria Ausilia Boemi
Segretario provinciale Assostampa Catania | |
Chi è il
giornalista freelance
La
definizione di freelance contenuta nel documento elaborato in seno
al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti
che ha accompagnato la proposta di istituzione
dell’ “elenco freelance” nell’Albo gestito dall’Odg.
(segue)
Lettera
aperta ai direttori e CdR delle testate siciliane sul lavoro giornalistico
precario
Questa lettera denuncia l’umiliante e vergognosa situazione professionale
in cui sono costretti a vivere i giornalisti precari, comunque chiamati:
collaboratori esterni, lavoratori autonomi o “freelance”.
I luoghi dove le aziende editrici riescono ad imporre questa situazione
di sfruttamento e mortificazione della dignità dei lavoratori
sono le redazioni dei giornali.(segue)
Accordo
collettivo nazionale
lavoro autonomo
Fieg-Fnsi
[link]
Le tipologie
di lavoro
giornalistico autonomo
Vademecum
dell'INPGI
sui co.co.co.
[link]
Ai giornalisti
non si applica il co.co.pro.
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Uffici
stampa pubblici: tre aspetti che riguardano la precarietà nel
lavoro giornalistico
Esaminando
le problematiche che riguardano gli uffici stampa ed il lavoro
giornalistico precario emergono tre aspetti di rilievo: i casi
di elusione dell'incompatibilità di legge; la possibilità per
i lavoratori autonomi di una deroga al divieto di commistione;
la formulazione dei bandi di selezione. (segue)
ORDINE DEL GIORNO SUL LAVORO AUTONOMO
APPROVATO AL XXVI CONGRESSO DI BERGAMO
[Link]
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