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 Notiziario


 

Processo SOPAF, rinviata l'udienza. PM valuta 7,6 milioni il solo danno Inpgi

PROCESSO SOPAF. Il Tribunale rinvia l’udienza (a carico di Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio) al 12 marzo e nel frattempo, accogliendo la richiesta del Pm Gaetano Ruta, farà notificare il decreto di giudizio immediato a Inpgi, Enpam e Cassa ragionieri perché si possano costituire parti civili. I punti essenziali dei fatti della complessa vicenda ricostruiti dal Pm. Il presidente dell’Inpgi Andrea Camporese, indiziato di truffa ai danni dell’Istituto che rappresenta, ha sempre respinto la ricostruzione istruttoria della pubblica accusa.

La ricostruzione dei fatti sul sito di Franco Abruzzo

22 anni dall'omicidio del giornalista Beppe Alfano. Si cerca ancora la verità

Ventidue anni fa moriva Beppe Alfano. Corrispondente de La Sicilia di Catania e  volto dell'emittente locale Tele News, Alfano era un bravo cronista che molto sapeva della sua Barcellona Pozzo di Gotto, cittadina in quegli anni dilaniata dalla guerra di mafia e dove gli agenti dei servizi segreti, altrove impegnati nella cosiddetta Trattativa Stato - Mafia, erano alla ricerca di capi mafia latitanti. Freddato a pochi metri da casa, nella sua auto, una notte di Gennaio, qualche minuto dopo aver lasciato sull'uscio moglie e figli piccoli. Ancor più che la sua morte sono i ventidue anni seguenti a fare di Beppe Alfano, ancora oggi, il simbolo di un giornalismo di trincea, praticato in silenzio da tanti colleghi, il più delle volte senza alcuna tutela. Un giornalismo, soprattutto, del quale c'è sempre più bisogno. 

Perché a 22 anni di distanza, e malgrado una sentenza passata in giudicato che condanna all'ergastolo l'autotrasportatore Antonino Merlino come esecutore e il capomafia Beppe Gullotti come mandante, la verità sull'omicidio di Beppe Alfano non è ancora emersa. 

Lo confermano le recenti rivelazioni dell'ultimo pentito barcellonese, Carmelo D'Amico. Il collaborante, ex capo dell'ala militare del clan, si è autoaccusato di 45 omicidi, tra i quali quello di Antonino Mazza, editore di Tele News, trucidato pochi mesi dopo l'assassinio del giornalista. Ed ha discolpato Merlino dal ruolo di killer di Alfano. Ad uccidere Beppe sarebbe stata un'altra persona, e un altro è il movente. 

D'Amico starebbe anche parlando della latitanza di Nitto Santapaola a Barcellona, proprio in quegli anni. Una presenza che le inchieste della magistratura hanno soltanto sfiorato, sino ad oggi, senza riuscire a scrivere nulla di concreto. Molto ne hanno scritto, invece, giornalisti d'inchiesta e blogger.  La famiglia Alfano, alla ricerca da sempre dei "mandanti occulti", in questi anni ha spesso legato la presenza dei latitanti a Barcellona - non soltanto Santapaola - ai retroscena dell'assassinio del cronista.

Assostampa esprime solidarietà e dolore per la strage commessa nella redazione di Charlie Hebdo

CATANIA - Il segretario provinciale dell'Assostampa di Catania, Daniele Lo Porto, insieme al vice segretario Giovanni Lo Faro e al vice presidente del Consiglio regionale, Paolo Licciardello, hanno consegnato una lettera al console onorario di Francia a Catania, avv. Ferdinando Testoni Blasco, per esprimere solidarietà e dolore per la strage commessa nella redazione di Charlie Hebdo.

Preg.mo Sig. Avv. Ferdinando Testoni Blasco
Console onorario di Francia Catania

La prego di voler manifestare alle Autorità della Repubblica francese ed ai colleghi della Redazione di Charlie Hebdo il dolore e la solidarietà dei giornalisti catanesi per la strage compiuta ieri a Parigi. È stata un’aggressione di una violenza inimmaginabile ad uno dei capisaldi dell’Occidente: la libertà. Ed a coloro che sono i garanti della libertà e gli operai della democrazia: i giornalisti. La strage di Parigi, nella redazione di Charlie Hebdo, ci colpisce tutti, in quanto cittadini di quell’Occidente nel quale si combatte una crociata antidemocrazia e antilibertà, anche di stampa, quindi. I terroristi islamici firmano un altro giorno di sangue e non più da “tagliagole” brutali, ma con un’azione paramilitare, che ha dimostrato capacità operative e coperture logistiche in territorio “nemico” che fanno pensare e riflettere. E fanno paura, perchè la guerra, adesso, la combattono a casa nostra e chiunque può essere vittima del loro fanatismo. Che Allah indichi loro la ragione, se ci credono veramente.
Catania, 8 gennaio 2015
Daniele Lo Porto Segretario provinciale di Catania dell’Assostampa, il sindacato unitario dei giornalisti italiani

Infine, la segreteria provinciale dell'Assostampa Catania, rappresentata dalla collega Rosa Maria Di Natale, ha partecipato al sit in organizzato davanti alla Prefettura dalla Cgil di Catania per esprimere solidarietà alla redazione, ai giornalisti e ai lavoratori del giornale satirico "Charlie Hebdo", colpito da un feroce attacco terroristico e a difesa della democrazia, della libertà di stampa e di espressione.

FIACCOLATA 8 GENNAIO A ROMA ALLE 18 A PIAZZA FARNESE

Per la libertà di stampa domani, giovedì 8 gennaio alle ore 18 a Roma a Piazza Farnese, fiaccolata contro il vile atto terroristico nei confronti dei colleghi francesi di Charlie Hebdo e dei poliziotti massacrati. La organizzano Fnsi, Articolo 21 e altre sigle che si stanno via via aggiungendo. Roma, 7 gennaio 2015

charlie hebdo disegnatori uccisi2

Attacco al settimanale Charlie Hebdo, 12 morti. Siddi: orrore e abominio, Fnsi e Ifj vicine ai colleghi

 E' salito ad almeno 12 morti, tra cui due agenti, e 20 feriti, di cui 4 molto gravi, il bilancio aggiornato dell'attacco contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi. Lo riferisce la polizia.
(PARIGI, 7 GENNAIO - AGI/REUTER)


IL SEGRETARIO GENERALE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA, FRANCO SIDDI
"Orrore e profonda indignazione per il vile e feroce assalto a colpi di kalashnikov alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi ad opera di terroristi. Un attentato alla libertà di informazione che, ad ora, è costato la vita a dodici persone e a non meno di venti feriti. Un vero abominio che condanna durissimamente e che, assieme alla Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) saprà essere vicina ai colleghi del settimanale così orrendamente colpiti e a tutti i giornalisti di Francia". Roma, 7 gennaio 2015

LA NOTIZIA: ATTACCO A SATIRA IRRIVERENTE CHARLIE HEBDO

Satirico e dissacrante, Charlie Hebdo, il settimane francese che ha spesso suscitato reazioni violente nel mondo musulmano, paga lo scotto della sua visione irriverente dell'Islam: sanguinoso attacco armato stamane nella sede del periodico, in pieno centro di Parigi. Intorno alle 10 di mattina, due uomini armati,incappucciati e vestiti di nero, hanno fatto irruzione nella sede del periodico e hanno aperto il fuoco con armi automatiche (fucili kalashnikov e, secondo una fonte, anche un lanciarazzi) sui presenti. Li hanno sentiti urlare: "Il Profeta è stato vendicato". È stato un massacro: 12 morti, tra cui due agenti, una ventina di feriti e quattro di costoro sono gravissimi. Tra le vittime, il direttore Stephane Charbonnier, detto Charb, e altri tre colleghi vignettisti.
Il presidente, Francois Hollande, che ha convocato per le 14 una riunione urgente all'Eliseo per prendere le contromisure, ha parlato di "attentato terroristico di eccezionale barbarie: un attentato alla nostra liberta'".
I terroristi hanno aperto il fuoco: gli spari sarebbero durati pochissimo, pochi minuti appena, ma sono stati molto intensi. I due parlavano un pessimo francese: conoscevano i nomi dei giornalisti di Charlie Hebdo, che hanno gridato durante gli spari. Hanno anche lanciato invettive islamiste, come risulta da un video girato da un giornalista testimone.
Gli agenti sono arrivati molto rapidamente: l'auto della polizia e quella dei killer si sono confrontate in una strada adiacente e gli aggressori hanno aperto il fuoco contro la volante, crivellandola di colpi.
Poi i due sono fuggiti: hanno successivamente lasciato l'auto e con un'altra, a nord-est di Parigi, a Porte de Pantin hanno anche investito un pedone. Al momento, è in corso la caccia all'uomo.
Adesso tutta l'Ile de France è un stato d'allerta: è stato attivato il 'plan Vigipirate', il piano di sicurezza, al suo allerta massimo, quello attentati. "Abbiamo sventato altri attentati nelle ultime settimane", ha confermato il presidente francese.
La Casa Bianca ha espresso la sua "condanna nei termini più duri". Il premier britannico, David Cameron, ha parlato di "attacco barbarico: siamo al vostro fianco". "Orrore e sgomento" è stato espresso dal premier Matteo Renzi, che si è detto certo invece che "la violenza perdera' sempre contro la liberta' e la democrazia". Indignato anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che ha parlato di atto terroristico di "dimensione pazzesche".
E adesso il mondo occidentale si interroga sulla risposta.
L'ultimo tweet del settimanale, diffuso appena una decina di minuti prima della carneficina, irrideva proprio al 'califfo', quell’Abu Bakr al-Baghdadi, che con il suo Stato Islamico si è impossessato di larghe porzioni di territorio in Iraq e Siria e contro il quale una coalizione internazionale ha imbastito, da mesi, una campagna militare. (PARIGI, 7 GENNAIO - AGI)

charlie hebdo disegnatori uccisi

STRAGE PARIGI: ARTICOLO21, "GIORNALI E SITI PUBBLICHINO VIGNETTE E ARTICOLI CHARLIE HEBDO"
"Restiamo in attesa di una puntuale e attenta ricostruzione da parte delle autorità francesi ma ciò che è sicuro è che non si possono concedere alibi agli integralismi di qualsiasi natura che vogliono mettere in discussione le libertà e i diritti civili". Così Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti, direttore e portavoce di Articolo21 sull'attentato di Charlie Hebdo a Parigi . "La satira deve essere libera di colpire in ogni direzione e non può e non deve mai subire attentati, limitazioni, censure. E se davvero questa redazione è stata colpita per le vignette e gli articoli pubblicati spetta a tutti noi dare ospitalità e visibilità a quelle vignette e a quegli articoli affinché coloro che hanno commesso questo orribile attentato possano capire che la libertà di espressione va difesa sempre dovunque e comunque". www.articolo21.org
FRANCIA: HOLLANDE SU LUOGO STRAGE, ATTACCO A LIBERTA' Un attacco alla libertà di stampa". Così il presidente francese Francois Hollande, parlando ai giornalisti davanti al luogo dell'attacco contro il giornale Charlie Hebdo. (PARIGI, 7 GENNAIO - ADNKRONOS)

STRAGE PARIGI: RENZI, ORRORE, VIOLENZA PERDE CONTRO LIBERTÀ
"Orrore e sgomento per la strage di Parigi, vicinanza totale a Francois Hollande e Anne Hidalgo in questo momento terribile. La violenza perderà sempre contro la libertà e la democrazia". Così il premier Matteo Renzi dopo la strage di Parigi. (ROMA, 7 GENNAIO - AGI)

FRANCIA: VATICANO CONDANNA ATTENTATO, ATTACCO A LIBERTA' DI STAMPA
Doppia condanna del Vaticano per la strage nella redazione parigina del giornale satirico 'Charlie Hebdo' che ha fatto dodici morti, fra i quali 10 giornalisti e 2 poliziotti, oltre a diversi feriti. Lo si apprende da fonti vaticane che fanno sapere che in Vaticano la condanna è duplice dal momento che l'attentato è stato un "atto di violenza" e un "attacco alla libertà di stampa". (CITTÀ DEL VATICANO, 7 GENNAIO - ADNKRONOS)
FRANCIA: ATTACCO A SETTIMANALE CHARLIE HEBDO, 11 MORTI
È salito ad almeno 11 morti, tra cui due agenti, il bilancio provvisorio di un attacco alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo' sul boulevard Richard-Lenoir, in pieno centro di Parigi. Charlie Hebdo, più volte finito nel mirino degli integralisti islamici per aver irriso la figura del Profeta Maometto.Due uomini incappucciati e vestiti di nero sono entrati nella redazione e hanno cominciato a sparare con kalashnikov.Ci sono anche 10 feriti di cui 5 gravi. Lo riferisce la polizia francese. (PARIGI, 7 GENNAIO - AGI)
FRANCIA: KILLER HANNO URLATO "VENDICHEREMO IL PROFETA"
"Vendicheremo il Profeta": così avrebbero urlato i due aggressori incappucciati che un'ora e mezza fa hanno aperto il fuoco dentro la sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, facendo almeno 11 morti. Lo ha riferito un testimone alla radio France Info, ripresa dal quotidiano 20 Minutes. (PARIGI, 7 GENNAIO - AGI)
FRANCIA: PRIMA ATTACCO SU CHARLIE HEBDO VIGNETTA SU CAPO ISIS
Quindici minuti prima dell'attacco, il settimanale satirico Charlie Hebdo aveva pubblicato sul profilo Twitter una vignetta su Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato islamico (Isis). (PARIGI, 7 GENNAIO - AGI)
FRANCIA: ATTACCO CHARLIE HEBDO, HOLLANDE SUL POSTO
Il presidente francese, Francois Hollande, si sta recando sul luogo, in pieno centro di Parigi, dell'attacco al settimanale satirico Charlie Hebdo.
Il suo ufficio all'Eliseo ha comunicato che per le 14 è stato convocata una riunione d'emergenza del governo. (PARIGI, 7 GENNAIO - AGI/REUTERS)
FRANCIA: MOLOTOV DISTRUSSE SEDE CHARLIE HEBDO NEL NOVEMBRE 2011
La sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo fu distrutta da un incendio provocato dal lancio di una molotov il 2 novembre 2011. L'attentato, che non provocò vittime, avvenne nel giorno in cui era stata annunciata l'uscita di un numero speciale dedicato alla vittoria elettorale degli islamisti in Tunisia."Maometto direttore responsabile di Charia Hebdo", si leggeva su un comunicato stampa che annunciava il numero, con un gioco di parole sulla legge islamica. (PARIGI, 7 GENNAIO - ADNKRONOS)

Giornalisti morti nella Grande Guerra: l'omaggio della Fnsi ai primi caduti un secolo fa

“La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ricorda con commozione i cento anni dalla morte dei primi giornalisti italiani caduti nella prima guerra mondiale. Esattamente un secolo fa a oggi, prima ancora che l'Italia entrasse in guerra, sul fronte degli Argonne, in Francia, colpito a morte dai tedeschi, cadde Lamberto Duranti, anconetano che all’epoca aveva 25 anni.
Con lui, nella stessa battaglia, venne ferito gravemente, un altro giornalista, il sardo Augusto Alziator de “Il Resto del Carlino”, che fu anche uno dei primissimi corrispondenti italiani di guerra. L’8 di gennaio, invece, sullo stesso fronte delle Argonne cadde il secondo giornalista italiano, il sassarese Ernesto Butta, cronista della Nuova Sardegna.
Tutti e tre si erano arruolati nel Corpo dei volontari Garibaldini che si erano schierati con gli alleati contro l’impero Austriaco. Oltre che il giornalismo, avevano in comune la militanza nelle file mazziniane e si sentivano impegnati totalmente nella loro vita professionale e civile per il compimento del Risorgimento e la costruzione dell’Italia unita, che volevano repubblicana. Un giornalismo intrecciato con la storia civile del Paese, fondamentale per la costruzione dell’Italia.
Lamberto Duranti collaborò con vari giornali del Partito Repubblicano e fondò “La Penna”. La sua figura è oggi ricordata nelle Marche. Il Messaggero – edizione marchigiana gli dedica un articolo a firma di Sergio Sparapani, che ne ricorda le attività di militante e quella di notista. Nella mattinata Duranti è stato ricordato nel cimitero delle Tavernelle di Ancona, città che gli ha dedicato una strada.
Ernesto Butta, anch’egli repubblicano anticonformista, già costretto a lasciare il giornale per le persecuzioni poliziesche, è stato “riscoperto” dalla Nuova Sardegna che, il 30 dicembre, gli ha dedicato un “paginone” a firma di Piergiorgio Pinna. Cronista coraggioso, schedato come sovversivo e difeso dalla sua redazione fino in fondo, fu costretto all’esilio con l’accusa di aver inviato una lettera minatoria al Re. Alla notizia della morte, l’8 gennaio del 1915, la Nuova Sardegna, il suo giornale, gli dedicò l’intera prima pagina sfidando qualsiasi rischio di accusa e parlando di “morte gloriosa” del collega, caduto “per il compimento di un alto dovere”.
La Fnsi, con l'Associazione della Stampa Sarda, proporrà l'intitolazione di una strada ai sindaci delle principali città sarde per ricordare Ernesto Butta.
La Fnsi, con l’Inpgi, l’Ordine e la Casagit, intende contribuire alla ricostruzione delle testimonianze storiche del giornalismo nelle varie epoche della vita italiana e acquisire documenti per ricostruire la memoria dei caduti nelle guerre."

Pietro Grasso: «Pippo Fava riuscì a spiegare la missione del giornalismo, uno dei più importanti presidi di libertà in una democrazia»

Trentuno anni fa moriva assassinato dalla mafia il giornalista catanese.

Daniele Lo Porto, Assostampa Catania: «Sicilia di oggi non così diversa, malgrado l'impegno e il sacrificio di molti, da quella di allora»

Pippo Fava venne ucciso la sera del 5 gennaio 1984. Fu seguito dai suoi sicari all’uscita della redazione del giornale che aveva fondato e dirigeva, “I Siciliani”. Non fece in tempo ad uscire dalla macchina che aveva appena parcheggiato davanti l’ingresso del Teatro Stabile di Catania. Un killer gli sparò attraverso il finestrino colpendolo al collo e alla nuca con cinque proiettili calibro 7,65. Come mandanti dell’omicidio furono condannati all’ergastolo, con sentenza definitiva nel 2003, Nitto Santapaola e Aldo Ercolano.

«Fu intellettuale scomodo e giornalista controcorrente, coraggioso nella denuncia civile conto la mafia senza volere assumere il ruolo di "professionista"». Daniele Lo Porto, segretario provinciale dell'Assostampa di Catania commemora così Giuseppe Fava. «A distanza di 31 anni dall'omicidio - aggiunge - ha lasciato una testimonianza che è ancora attuale e viva, spunto di analisi e di confronto della Sicilia di oggi non così diversa, malgrado l'impegno e il sacrificio di molti, da quella di allora».

Giuseppe Fava era nato a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, il 15 settembre 1925. Laureato in giurisprudenza nel 1947, era diventato giornalista professionista nel 1952. Redattore e inviato speciale nei settori di attualità e di cinema per riviste come «Tempo illustrato» e «La domenica del Corriere», corrispondente di «Tuttosport», collaborò a «La Sicilia». Dal 1956 al 1980 era stato anche capocronista del quotidiano «Espresso sera». Drammaturgo, romanziere, autore di libri-inchiesta: nel 1975 ottenne grande successo il suo romanzo «Gente di rispetto»; nel 1977 pubblicò un altro romanzo «Prima che vi uccidano»; nel 1983 «L'ultima violenza».
Nella primavera del 1980 tornò a Catania, dove gli venne affidata la direzione del Giornale del Sud. L'11 ottobre 1981, inaugurando quella che doveva essere la rubrica delle lettere al Direttore, Fava scrisse quello che è tutt'oggi considerato il Manifesto del giornalista antimafioso: Lo spirito di un giornale. Sostenendo di avere "un concetto etico del giornalismo", Fava metteva nero su bianco che "un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo." Il giorno dopo Fava ricevette la lettera di licenziamento. Decise quindi di fondare un nuovo quotidiano, e il 22 dicembre 1982 uscì il primo numero de “I Siciliani” con un pezzo intitolato "I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa”, dedicato ai quattro maggiori imprenditori catanesi, Rendo, Graci, Costanzo e Finocchiaro.

«Non conoscevo Giuseppe Fava però commemorare la sua storia è un'occasione per ricordare le vittime della mafia e mettersi alla loro scuola perché ci hanno lasciato un insegnamento molto importante. Noi lo dobbiamo seguire perché la mafia non ha vinto, la mafia c'è ancora». Lo ha affermato il presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, alla cerimonia a Catania in ricordo del giornalista.

«A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare?» È la frase di Pippo Fava con cui vuole ricordarlo il vicepresidente della Commissione regionale Antimafia, Fabrizio Ferrandelli: «Semplici e potenti parole che racchiudono il senso di una vita, di un impegno. A noi oggi spetta il compito di convincere le nuove generazioni che il coraggio di lottare contro l'illegalità, il malaffare, la cattiva politica per affermare i diritti e le libertà è il modo migliore per dare un senso alle nostre vite e per costruire in Sicilia un domani migliore».

«Due macchine da stampa di seconda mano, un gruppo di giovani collaboratori e tanta voglia di fare giornalismo in Sicilia per 'realizzare giustizia e difendere la liberta'. Con questo spirito Pippo Fava fondò la rivista I Siciliani». Questo il ricordo che la presidente della Camera, Laura Boldrini, dedica a Pippo Fava a 31 anni dal suo assassinio. «Dal novembre del 1982 all'inizio del 1984 il mensile riuscì a denunciare efficacemente la criminalità organizzata e soprattutto i legami tra Cosa Nostra e quelli che definì 'i quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa', ovvero alcuni dei più potenti imprenditori dell'isola. Inchieste per le quali i boss decisero che doveva morire.»

«Il suo coraggio, il suo rigore etico e professionale la sua insopprimibile esigenza di raccontare la verità lo avevano portato a rivelare gli intrecci (fino ad allora bollati come fantasie) tra mafia, politica e affari nella sua città, Catania», sottolinea il presidente del Senato Pietro Grasso. «Cosa Nostra teme l’informazione libera e chiunque possa interferire nei suoi affari, così Fava era ben presto divenuto un nemico da silenziare, “un fituso” che non meritava altro che la morte.» Attraverso le parole contenute nello “Spirito del giornale” riuscì a spiegare la missione del giornalismo, uno dei più importanti presidi di libertà in una democrazia. «A molti anni da quel terribile giorno il suo ricordo non si è affievolito», conclude Grasso. «Pippo Fava continua a rappresentare per il mondo del giornalismo, e non solo, uno straordinario esempio di fedeltà alla propria professione, di incrollabile dedizione e di passione civile.»

Link correlati:
Lo spirito di un giornale (di Giuseppe Fava - 11 ottobre 1981)

“La Sicilia”: prorogato di un anno il contratto di solidarietà. L'assemblea boccia l’accordo cdr-azienda sull'ipotesi di ricorso alla “416”

Logo La SiciliaA “La Sicilia” di Catania sarà esteso fino al 6 novembre del 2015 il contratto di solidarietà difensiva attivato il 7 novembre del 2013 a Roma con la firma di Fnsi, Assostampa e Fieg.
Considerate le uscite di alcuni colleghi durante il primo anno di attivazione del contratto di solidarietà, la riduzione dell’orario di lavoro è scesa dal 25% al 20%, ed eventuali ulteriori uscite abbasseranno ancora questa percentuale.
L’assemblea di redazione ha invece bocciato l’accordo firmato dal Cdr che – pur nell’ambito della stessa intesa per il rinnovo della Solidarietà, ma senza uno specifico mandato della redazione - prevedeva fin d’ora la possibilità di fare ricorso alla Cigs alla scadenza dell’attuale contratto.
E’ stata infatti ritenuta inaccettabile l’ipotesi di far gravare fin d’ora sull’intera redazione l’ipoteca della Cigs e di considerare come scontata l’esistenza di esuberi strutturali da gestire col taglio di posti di lavoro previsti in organico e la cessazione di tutti i contratti a termine in vigore.
Il Cdr, dopo che l’azienda ha cassato la parte dell’intesa relativa all’ipotesi di ricorso alla “416” previsto nell’accordo firmato, si è dimesso.

Estorsioni a Palermo: Helg smentisce portata denuncia Confindustria e mette in dubbio l’operato del giornalista. Interviene il Comitato di redazione.

Giuseppe Todaro, ConfindustriaGiuseppe Todaro, delegato per la Legalità di Confindustria Palermo, in un intervista pubblicata sul Giornale di Sicilia denuncia che il 90% dei commercianti del “salotto buono” paga il pizzo, ma se i singoli imprenditori vengono convocati dalle forze dell’ordine per testimoniare, non ammettono di esserne vittima. Il Presidente della Camera di Commercio, Roberto Helg interviene prontamente per smentire la vastità del fenomeno estorsivo, mettendo in dubbio che il giornalista abbia riportato correttamente le dichiarazioni di Todaro.
Roberto Helg, presidente Camera di Commercio PalermoTralasciando l’ovvia considerazione che l’esistenza del racket del pizzo è un fenomeno conclamato, gravissimo e devastante quale che sia l’esatta percentuale delle estorsioni formalmente accertate, il Comitato di redazione del Giornale di Sicilia interviene invece spiegando in una nota riportata dall’Ansa di trovare anomali alcuni aspetti nella vicenda: «Le dichiarazioni del locale presidente della Camera di commercio Roberto Helg incarnano due assolute anomalie. La prima: Helg smentisce un'intervista sul Giornale di Sicilia che non ha rilasciato lui. Infatti, l'ha rilasciata Giuseppe Todaro, delegato per la legalità di Confindustria che però non smentisce affatto. È la prima volta che accade in 200 anni di giornalismo. Seconda anomalia: il locale presidente della Camera di commercio ha chiuso le sue attività per fallimento, continuando a rappresentare gli altri imprenditori che invece le mantengono in vita. Non ci risultano altri casi simili».
Alessandro Albanese, presidente Confindustria Palermo«Confermo in pieno e sostengo le parole di Todaro che condivido - dice Alessandro Albanese, presidente Confindustria Palermo in un intervista all’Adnkronos - L'intervista riporta le parole di Todaro. Ribadisco che gli uomini di Confindustria non hanno bisogno di ribalte e siamo consapevoli che le cose vadano fatte con un fronte comune, che noi abbiamo sempre auspicato. L'articolo va comunque contestualizzato e fa riferimento a una indagine in particolare sul 'salotto' buono di Palermo. Molti commercianti non hanno ammesso di pagare il pizzo».

Link esterni correlati:
Pizzo, schiaffo di Confindustria: a Palermo pagano ancora tutti (Giornale di Sicilia/gds.it)

Il pizzo divide industriali ed esercenti. “In centro lo pagano ancora in tanti” (Quaderni de L’Ora)

Il pizzo spacca l'Antimafia. Il silenzio dei commercianti (Live Sicilia)

Diffamazione, intervenire su querele temerarie e cause con richieste esose: il caso l’Unità

Il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana, riunito a Roma il 18 dicembre 2014, ritiene che nell'ambito delle nuove norme riguardanti la diffamazione ancora in discussione sia urgente intervenire più decisamente a tutela dei giornalisti non solo impedendo le querele temerarie, piuttosto diffuse, e che tendono ad intimidire i cronisti con richieste economiche esorbitanti, con ciò minacciando più seriamente di quanto si pensi la libertà di stampa, ma anche, più in generale, sul tema del ricorso alla causa civile con richieste economiche del tutto sproporzionate rispetto al danno effettivamente arrecato anche in caso di errore del cronista.

La questione si è palesata con particolare acutezza proprio in questo giorni nel caso di giornalisti de "l'Unità", oggi in cassa integrazione in attesa che si concretizzi l'ipotesi di un ritorno in edicola della testata. Questi colleghi, in questo momento, non hanno un'azienda alla quale riferirsi ed a cui chiedere di intervenire a sostegno del proprio reddito che rischia di essere gravemente compromesso da condanne a rilevanti risarcimenti.
Il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana fa appello ai liquidatori della società che editava "l'Unità" ed al partito di riferimento del giornale affinché si affronti, con decisione, la questione. I colleghi non possono essere lasciati soli ad affrontare le conseguenze dell'attività che hanno svolto al servizio del giornale, cosi come le norme non possono restare quelle attuali. In questo caso specifico chi ha editato il quotidiano dovrebbe, proprio per i suoi riferimenti culturali, avere particolarmente a cuore i temi dell'autonomia e della libertà dall'informazione.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana compirà tutti i passi necessari per affrontare il caso specifico e  per una riforma seria delle norme sulla diffamazione. Diversi sono infatti i punti critici del testo all’esame della Camera che dovrebbero essere rivisti: la competenza territoriale che punisce l’informazione sul web, le multe troppo alte, che intimidiscono soprattutto i giornalisti di frontiera e senza sostegni editoriali importanti, l’assenza di obblighi di documentate controverità per  le rettifiche, l’ingerenza di una norma obliqua e incoerente sul diritto  all’oblio, l’assenza di norme efficaci contro le querele temerarie.
La Fnsi ritiene che in tema di libertà e deontologia dell’informazione non siano ammissibili scambi impropri per garantire alcun potere. Se in  Parlamento non ci sono condizioni politiche per una soluzione equilibrata di libertà si cancelli solo il carcere per i giornalisti dall’attuale  codice e non si facciano altri danni.

Quinto Rapporto sulla professione giornalistica: crolla il lavoro dipendente, domina il lavoro autonomo e parasubordinato

Preoccupanti i dati del quinto Rapporto sulla professione giornalistica in Italia, curato da Pino Rea per conto dell'Lsdi (Libertà di stampa e diritto all'informazione) sulla base dei dati  forniti dagli enti professionali: Casagit, Fnsi, Inpgi, Ordine. I posti di lavoro perduti, sommati a quelli registrati nei quattro anni precedenti, testimoniano una crisi senza precedenti nel sistema.

Al 31 dicembre 2013 in Italia erano 113.620 gli iscritti all’Ordine, tra cui 28.816 professionisti, 1.439 praticanti e 75.105 pubblicisti (per la Sicilia rispettivamente 1.050, 61, 4.096).
Sono attivi però solo 49.645, il 47,1% degli iscritti agli elenchi professionali: fatto in sé significativo ma solo uno tra tanti elementi che imporrebbero una radicale revisione dell’ attuale struttura ordinistica.

CROLLA IL LAVORO DIPENDENTE E CALA IL PESO DELLE TESTATE TRADIZIONALI
Si restringe sempre di più il campo del lavoro giornalistico dipendente, con una massiccia espulsione dalle redazioni, mentre il peso delle testate tradizionali diminuisce sensibilmente.
Quotidiani, periodici, Rai e agenzie di stampa, bacino che nel 2000 comprendeva l’83,2% dei rapporti di lavoro, si è ridotto alla fine del 2013 al 64,9%.

IL LAVORO AUTONOMO DOMINA IL SETTORE
Gli autonomi sono 31.098, i dipendenti 18.547. La “bolla” del lavoro autonomo (o parasubordinato) domina l’ industria giornalistica, coprendo ora quasi due terzi dei giornalisti attivi ma raccogliendo redditi fra 5,6 e 6,9 volte inferiori a quelli medi dei giornalisti salariati. Sette lavoratori autonomi su 10 dichiarano redditi inferiori a 10.000 euro annui.

DELUDENTI I RISULTATI DEGLI INCENTIVI PER NUOVE ASSUNZIONI
Con incentivi in tre anni solo 360 nuove assunzioni. In tre anni – osserva il presidente dell’ Inpgi, Andrea Camporese – gli incentivi all’ occupazione adottati dall’ Inpgi con gli sgravi contributivi alle imprese per l’ assunzione di giornalisti disoccupati, cassaintegrati o precari, hanno prodotto solo 360 nuove assunzioni.
Intanto nei soli primi sei mesi di quest'anno sono stati persi ben 634 posti di lavoro senza che ne sia stato creato nessuno’’, ha rilevato il 3 novembre Franco Siddi, segretario della Fnsi, nel corso di un incontro con i sindacati confederali sul tema del mercato del lavoro.

MINOR BENESSERE PER I DIPENDENTI
E anche fra i giornalisti cosiddetti “garantiti” la situazione peggiora. Come osserva Daniele Cerrato, presidente della Casagit, “i giornalisti italiani hanno minor benessere, anche quando contrattualizzati, perché singole voci del loro patto di lavoro vengono interpretate diversamente e al ribasso”. Si tratta delle voci relative agli “elementi distinti della busta paga: orari notturni, festivi, ex-festivi, accordi integrativi, premi di produttività, trasferte”. Tutte voci ormai ridotte pesantemente.

Quinto rapporto LSDI - 2014
La professione giornalistica in Italia: continua il declino del lavoro dipendente e cala il peso delle testate tradizionali

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